venerdì 14 dicembre 2018

Profondamente commovente. “Roma” di Alfonso Cuarón (scritto da Alessio Galbiati, Rapporto Confidenziale)

Scritto da Alessio Galbiati, Rapporto Confidenziale
14/12/18


Fuori dalle dispute commerciali – vedi alla voce Netflix, Cannes, Anica, eccetera – e dai palmarès – passati e futuri –, entrambi gli aspetti pur riguardandoci ci interessano in fondo assai poco, quel che suscita la visione di Roma è una duplice e profondissima commozione: struggimento per la vicenda narrata e per i sentimenti in essa contenuti e pure, verrebbe da dire soprattutto per noi cinefili, una profonda gioia nel rivedere il cinema fare il cinema. 

Questo Amarcord messicano riconcilia lo spettatore con l’essenza del linguaggio cinematografico: legare ogni movimento della macchina da presa ai sentimenti messi in scena secondo un principio di semplice essenzialità pur nella continua sofisticatezza. Roma ci offre un’esperienza della visione straordinaria perché in un quadro sempre denso e in movimento riesce a condurci per mano proprio dove la penna dello sceneggiatore ha puntato il proprio sguardo. Lo sguardo che ci viene offerto è sterminato, campi profondi ed estesi dentro ai quali l’occhio potrebbe perdersi senza la guida sicura di una regia davvero magistrale. E pure la componente sonora collabora alla definizione dello spazio narrativo, avvolgendo lo spettatore all’interno di una spazializzazione immersiva ma continuamente diegetica ed emozionale. 

Ogni elemento del capolavoro di Alfonso Cuarón non è mai fine a se stesso, ma compartecipa a una visione di insieme che poggia la propria grazia nell’interiorizzazione autobiografica del soggetto. Pur se costruito a partire da dati realistici, storici e urbanistici Roma è in grado di collocarsi in un limbo trasognante dal sapore felliniano, ad essere un a m’arcord tanto personale quanto universale, profondamente commovente.

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