lunedì 5 novembre 2012

Lo splendo(lo)re della quotidianità: “Tutti i santi giorni” (2012) di Paolo Virzì



Finalmente! Finalmente una commedia che riesce a raccontare la quotidianità, spesso bistratta, delle piccole cose, dei piccoli gesti, delle gioie, delle fatiche, del bello e del brutto (anche a seconda di come ci si alza al mattino), dell’amore, “del farsi il culo” di una coppia come tante, per re-stare insieme.
Virzì è probabilmente oggi l’unico regista in grado di filmare commedie all’italiana che rimandano inevitabilmente ai Risi e Monicelli d’annata, riuscendo a coniugare momenti di ilarità alla narrazione dei drammi,  personali e non, che giornalmente, chi più chi meno, ci troviamo davanti.
Lontano dalla non riuscita enfasi melò de “La prima cosa bella” di due anni fa, il regista livornese qui si concentra sulla piccola, grande storia di Guido e Antonia. Lui è tranquillo, riservato con una passione per le lingue antiche; nonostante gli studi classici e la loro incredibile conoscenza, lavora come portiere notturno in un albergo, felice di farlo, trovando il tempo per dedicarsi alle sue letture preferite. La mattina presto torna a casa in tempo per portare il caffè a letto al suo grande amore; lei è l’opposto di Guido, impetuosa, indisciplinata, incatenata nel ruolo di impiegata in una società di autonoleggio, con un passato da musicista ribelle e insofferente al conformismo della famiglia siciliana d’origine. La loro felice routine, espressa anche dai piccoli, appaganti e ripetitivi gesti quotidiani, inizia ad incrinarsi quando decidono di avere un figlio. Inizierà un calvario, grottesco e drammatico, fatto di visite mediche, spermiogrammi, inseminazione artificiale, che arriverà a ledere, senza riuscirvi, l’Amore che li unisce. 

Libero adattamento del romanzo “La Generazione (Dalai Editore, 2012)” di Simone Lenzi, “Tutti i santi giorni” sembra voler assurgere a narrazione dell’umanità di due persone nel gelido della società italiana di oggi. In quel freddo della periferia romana,  Guido e Antonia sembrano essere finiti per caso, così diversi e lontani da quei nuovi mostri dei loro vicini di casa, violenti ed ignoranti rispetto ad un mondo il cui unico obiettivo possibile, per sentirsi vivi, sembra quello di diventare interpreti di reality televisivi.

Per coloro che trovano difficile credere che l'amore possa esistere tra due personaggi così diversi, in una recente intervista Virzì dichiarava che "ci siamo purtroppo abituati a credere che farse grottesche come quella di Fiorito (il consigliere della regione Lazio arrestato per l'utilizzo di fondi pubblici per il suo tornaconto personale) siano il solo specchio dell’Italia di oggi. Ma Guido e Antonia esistono anche nella realtà, con  la loro capacità di amare e superare gli ostacoli che spesso portano alla separazione, al divorzio”. 
L'antica storia degli opposti che si attraggono, che sa toccare le giuste corde emotive nel narrare la piccola poetica del quotidiano, mostrando gesti semplici come quello dei dialoghi mattutini di Guido e Antonia o l’abbraccio dove tutti e due piangono di fronte all’ennesimo tentativo fallito di concepimento, quasi a voler urlare che la normalità, spesso inutilmente dissacrata, è oggi il vero anti-conformismo.


Non siamo di fronte ad un capolavoro, certamente; l’ilare macchiettismo, per quanto azzeccato, nel dipingere la burineria dei vicini di casa o degli avventori e propietari del locale dove Antonia torna ad esibirsi come cantante, sembrano essere forzati come elemento di raffronto alla grande sensibilità dei protagonisti, così come le visite dal medico del Papa in Vaticano o l'immaginazione di Guido mentre si masturba per lo spermiogramma. Nondimeno la descrizione della famiglia toscana sinistroide, colta e accogliente di Guido, e quella così dirompente e classica, nella loro sicilianità, di Antonia è bellissima e azzeccata nel dipingere le due facce della stessa medaglia, quella dell’intelligenza emotiva e dell’infinito, incondizionato amore genitoriale e non solo.
Affidandosi ad un attore emergente come il simpaticissimo Luca Marinelli (“La solitudine dei numeri primi (2010)” e “L'ultimo terrestre (2011)” di Gipi) e a un'esordiente assoluta come Thony (nome d'arte di Federica Victoria Caiozzo, scoperta su Myspace e utilizzando brani da lei cantati nella colonna sonora http://www.youtube.com/watch?v=rAHW9qBn2TM ). “Tutti i santi giorni” è più che la prova singola dei due interpreti, diversissima ma ugualmente notevole; l'assolutezza dell’amore dei protagonisti diventa un elemento di favola moderno-realistica,  portando una boccata d'aria fresca nel cinema italiano, estenuante ed inutile nell’utilizzo costante degli stessi volti.
Quiet is the New Loud (citazione musicale... non è mia…)

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