E’ spesso divertente
interloquire sul cinema, così come su altri aspetti dell’arte tout-court.
Divertente e appassionante mettere a confronto i più disparati giudizi e le
diverse sensazioni che suscita un film come una canzone; si passa
dall’esaltazione, al moderato entusiasmo per arrivare fino all’incazzatura o,
cosa peggiore, alla totale indifferenza. Wes Anderson è artefice effettivamente
di film che riescono a generare tutta questa serie di sensazioni.
Nominato nel 2001 all’Oscar
per la miglior sceneggiatura originale per “I Tenenbaum”, ha comunque dalla sua
un marchio di fabbrica ben distinguibile, un tocco tipicamente europeo nella
sua ossessione per l'estetica, e basta guardare un paio di fotogrammi di uno
dei suoi film per individuarne il tocco personale, una sorta di visione grandangolare
di fantasie infantili. Malinconico, ridicolo, ironico, ma con un buio
strisciante che si snoda in dialoghi spesso stralunati, in cui ricorrono temi come
la nostalgia, il fallimento, le famiglie divise. Il risultato è spesso
l’apparente costruzione di un mondo a parte, debordante ma in fondo
perfettamente parallelo alla quotidianità, che sia quello degli eccessivi figli, madri, padri e nipoti
dei Tenebaum, come quella della famiglia delle volpi antropomorfe del
bellissimo film d’animazione “Fantastic Mr. Fox” del 2009.
“Moonrise
Kingdom”, in uscita i primi di dicembre, non sfugge a questa regola. Ambientato
su un'isola al largo delle coste
del New England nell'estate del 1965, racconta la storia dei dodicenni
Sam e Susy che si
innamorano, fanno un patto
segreto per scappare via sia dal
campo scout che dai folli genitori (Frances McDormand e il suo attore feticcio Bill Murray) della ragazza. Mentre
le autorità inizieranno la loro ricerca, una violenta tempesta
è all’orizzonte e la vita della
tranquilla comunità dell’isola sarà sconvolta più di quanto ci si potesse immaginare.
Scritto da
Anderson insieme al figlio e fratello d’arte Roman Coppola (Francis F. e
Sofia…), riprende i temi delle stranezze familiari
e sociali, colorandoli al solito con
riprese che sembrano quadri, personaggi eccentrici e sopra le righe, comicità
stralunata, evocando l’amore giovanile forse come il ritratto di una più
giovane e più innocente America/mondo. La
fanciullezza come contraltare della crisi delle generazioni più anziane:
i genitori di Susy immersi in un continuo stato d’ansia e autocommiserazione
per il matrimonio in crisi, lo sceriffo Bruce Willis solo e depresso per motivi
personali, lo stralunato capo scout Edward
Norton in mutande assurde e calzettoni lunghi, l’ostile addetta ai servizi
sociali Tilda Swinton in abito blu elettrico che vuole riportare Sam in
orfanatrofio.
Non c’è dubbio che le visioni del
regista siano vulnerabili all’accusa di essere arroganti stranezze (vedere per
credere “Le avventure acquatiche di Steve Zissou” del 2004, lasciando perdere
il noioso “Il treno per il Darjeeling”), ma regna comunque quell’estetica fatta in casa che riesce ad evocare un universo ben
distinto, da osservare come una sorta di giocattolo d’epoca apprezzato da
adulti e bambini. Ma anche qui si alteneranno i giudizi più disparati, e sarà
sempre divertente assistervi.
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