Edoardo Bruno fu il primo a cogliere l’anima nascosta da profezia di quel discusso documentario di Ferrara (Quanto al futuro, ascolti: i suoi figli fascisti veleggeranno verso i mondi della Nuova Preistoria), e chissà cosa direbbe oggi guardando Zeros and Ones, un film che è forse il vero punto d’arrivo di una parabola che nasce proprio tra le maglie delle riprese di Piazza Vittorio (qualcuno dirà anche da molto prima, dal New Rose Hotel almeno)… la stazione Termini che in quel film era costeggiata dalle interviste di fronte alla Caritas e tra le palazzine di via Giolitti (si trattava già di un ritorno sui luoghi del set di Pasolini), pochi anni dopo sarebbe diventata il palco della crocifissione finale di Tommaso – come in quella tradizione tutta italiana di “appunti per un film su”, se l’opera con Dafoe “abita” le immagini del doc precedente, Zeros and Ones (Premio per la Migliore Regia a Locarno 74) riparte dalle peregrinazioni per la Roma notturna sotto lockdown che facevano capolino nell’incredibile Sportin’ Life, e di quel progetto riprende la giovane squadra a supporto, il d.o.p. Sean Price Williams e il montatore Leonardo Daniel Bianchi.
Dai binari di quella stessa stazione Termini fa la sua
comparsa nell’incipit Ethan Hawke (incrociato da Abel ai tempi di Chelsea on
the rocks), rinnovando da subito la capacità di Ferrara di astrarre i luoghi
quotidiani di Roma, e la loro familiarità (andrebbe, Zeros and Ones, mostrato
in contrasto a certe “indagini” sull’umanità di Termini che mietono views su
youtube negli ultimi tempi, condotte da volti del variopinto mondo del fitness
romano…). E’ una notte qualsiasi nei corridoi deserti e sempre inquietanti
della stazione dopo una certa ora, e allo stesso tempo non lo è, i soldati di
pattuglia sembrano più minacciosi del solito, e le squadre che sanificano i
tornelli sembrano provenire davvero dal futuro. Più avanti, il nostro
protagonista vede o sogna soltanto di vedere al binocolo la cupola del Vaticano
e di Castel Sant’Angelo saltare in aria?
In questa notte infinita in cui è piombata la città, e il
suo cuore nero dell’Esquilino, non è più possibile che alcuna verità venga
restituita dai mille video sgranati di smartphone, tablet, obiettivi di drone e
videochiamate, che inframmezzano il film: Hawke cercherà di sventare questo
attentato alla santa sede muovendosi tra le anime sonnambule di un gioco di
spie che attraversa i cospiratori russi negli hotel di lusso, gli smanettoni
cinesi nei negozietti di riparazioni di cellulari, le palestre improvvisate nei
garage, le chiese e le moschee, fino ad infilarsi nei giacigli di cartone dei
senzatetto, sotto i porticati. Le domande sono sempre e soltanto due, quelle
fondamentali: where? e when?
Difficile trovare una visione più disperata del punto in cui
è piombata l’umanità in questa epoca-Covid: il finale porta con sé una carica
di ambiguità destinata a restare – in questo risveglio alla normalità di Colle
Oppio mentre albeggia, le persone si comportano come nulla fosse perché abbiamo
vissuto tutti un incubo lungo una notte intera, o perché ignare del pericolo
dell’esercito che li ha già tutti nel mirino, pronto a far fuoco? E’ davvero
una bambina che passeggia per strada, sorridente e saltellante, il nuovo nemico
pubblico numero uno di questo Stato?
Zeros and Ones è un film genuinamente cyberpunk (già dal
titolo “in codice binario”…), che somiglia al Ferrara di fine anni ’90/primi
2000, e anche un po’ a certi esperimenti sci-fi/spionistici di Olivier Assayas
del periodo, tra Demonlover e Boarding Gate: come in Blackout di Ferrara, la
questione centrale riguarda lo sdoppiamento di personalità, e il raddoppio
esponenziale, da curva di Moore, delle realtà possibili: il “profeta” di questa
caduta del Vaticano (un anarchico? un comunista? un rivoluzionario…) è il
fratello gemello del protagonista, interpretato sempre da Hawke (come il Dafoe
“moltiplicato” di Siberia), e il video dell’interrogatorio in cui viene
torchiato da Valerio Mastandrea (!) si trasforma in un monologo in cui il
personaggio tiene insieme il suo sermone con citazioni di Woody Guthrie (mentre
altrove ricorrono Cristo e San Francesco). Come a dire che non riusciremo più a
riavvolgere il nastro fino all’immagine primaria (la straordinaria sequenza
nella sezione iniziale in cui Hawke si aggira per il porticato di San Pietro
con la sua videocamera), la coltre dei riferimenti e dei filtri applicati sulla
Storia è ormai troppo stratificata per far sì che il reale possa essere ancora
scoperto a occhio nudo.
Pubblicato su sentieriselvaggi.it il 13-08-2021, di Sergio
Sozzo
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