giovedì 2 marzo 2023

Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo, di Lili Horváth (2020)


Quale straordinario mistero risiede nella nostra mente? È risaputo che la neuroscienza, nonostante gli incredibili passi avanti degli ultimi anni, abbia ancora molteplici incognite riguardo al nostro organo più complesso. Sembra quasi paradossale come si siano raggiunte le conoscenze scientifiche per operare le zone nevralgiche del cervello, curando tumori e aneurismi ma non si possano controllare le quotidiane produzioni psichiche della nostra mente: sogni, emozioni, immaginazione. 

Marta, protagonista del secondo lungometraggio di Lili Horváth (realizzato a cinque anni di distanza da The Wednesday Child), è lo specchio ideale della riflessione operata dalla regista su questa contraddizione scientifica e umana. Lei neurochirurga ungherese trasferita nel New Jersey, per amore decide di ritornare nel suo paese di origine, più precisamente a Budapest. Eppure, l’uomo che ama, l’uomo che durante un convegno negli States l’ha spinta ad abbandonare la propria carriera e ritornare nella città che aveva lasciato dopo la morte dei suoi genitori, sembra non averla mai conosciuta.

 Sono convinta di averti inventato.

 Queste parole di Sylvia Plath, che aprono Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo, riecheggiano come una sequenza di tuoni in aperta campagna nella testa di noi spettatori mentre osserviamo Marta recarsi al suo appuntamento-che-non-c’è, quasi pedinandola, sul Ponte della Libertà, tra le due sponde del Danubio. Il mondo le crolla addosso, la realtà incombe sulla donna che ne rimane pervasa, annichilita. Che l’idillio d’amore vissuto nel New Jersey non sia mai esistito? Lo spettatore non può averne contezza, non l’ha potuto vedere con i propri occhi. Ma può essere certo anche delle immagini che si trova di fronte? 

Lili Horváth segue con grande umanità e delicatezza la sua protagonista, una donna tanto decisa e perentoria in sala operatoria, quanto incerta e smarrita nel fare i conti con la propria vita sentimentale. La frase di apertura della Plath istituisce un rapporto di complice incertezza tra chi osserva e chi è osservato, che trova un tentativo di risoluzione nelle sedute di psicoterapia a cui si sottopone la protagonista. È proprio nel dialogo intrapreso durante queste sedute che lo psicologo incalza Marta, affermando che lei stia cercando di farsi diagnosticare un’inesistente sindrome della personalità multipla. Questo è il cuore della riflessione di Lili Horváth: piuttosto che fare i conti con la realtà preferiamo recitare una drammatica finzione. Come in una commedia di Pirandello è molto più difficile accettare che il proprio amore si sia rivelato un’enorme delusione piuttosto che inscenarsi malati e incapaci di distinguere la realtà dall’immaginazione. A questa azzeccata dinamica meta-cinematografica la cineasta associa una nostalgica e onirica grana della pellicola ma anche una notevole sceneggiatura, che si sviluppa attraverso un gioco delle parti in cui  i “vuoti” lasciati dall’amore mancato di Marta cercano di essere colmati da un intraprendente giovane studente di medicina. Tenera e umanissima radiografia sugli effetti della solitudine sentimentale, il film presentato alla 77° Mostra del Cinema di Venezia e dall’Ungheria per gli Oscar del 2021, arriva a distanza di due anni nelle sale italiane. 

Pubblicato su sentieriselvaggi.it, 2 Marzo 2023 di Giorgio Amadori

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Il secondo lungometraggio della regista ungherese Lili Horvát dallo splendido titolo internazionale Preparations to be together for an unknown period of time (in italiano è: Preparativi per stare insieme un periodo indefinito di tempo) è un film scritto bene e ben interpretato dalla protagonista Natasa Stork che ha trovato – seppure con qualche ritardo – spazio nelle strette maglie della distribuzione italiana dopo essere passato in anteprima alle Giornate degli Autori di Venezia 2020. Si tratta di un cosiddetto un mind-game-film, nel senso che lo spettatore resta per tutto il film incerto su quale sia lo statuto di realtà delle immagini che vede: sogni, proiezioni, realtà, appunto. E soprattutto: chi vede? chi guarda? C’è un narratore onnisciente oppure tutto, ma proprio tutto è filtrato attraverso la prospettiva della protagonista? 

La storia è assai elementare nella sua eccezionalità: Márta, una neuro-chirurga ungherese con una brillante carriera nel New Jersey conosce durante un convegno negli USA un collega ungherese. È amore a prima vista. Si danno appuntamento qualche mese dopo, alle 5 del pomeriggio, a Budapest, sul Ponte della Libertà, lato Pest. Márta fa armi e bagagli, decisa per quest’amore a mollare tutto e a ritrasferirsi nella sua città natale. Peccato che alle 17 del fatidico giorno János non si presenti affatto. Da quest’evento ha inizio una “quest” che persegue due strade uguali e contrarie, forse cronologicamente sfalsate: la ricerca di lui e un’indagine psicologica, anzi diremmo psichiatrica volta a stabilire se sussistano le premesse diagnostiche per un disturbo della personalità.

Non è difficile per Márta rintracciare János, stiamo pur sempre parlando di un collega, la persona, dunque, per lo meno esiste, peccato che quando lei gli va incontro chiedendogli ragione del mancato appuntamento, lui non la riconosca, sostenga di vederla per la prima volta. Márta non demorde, si fa assumere nello stesso ospedale dove lavora lui, col curriculum che si ritrova la prendono a occhi chiusi (interessante, seppur secondario nel film, questo conflitto di civiltà che è in parte anche un conflitto generazionale, fra il prestigio e il know-how degli USA e l’ospedale universitario, sgarrupato assai, della capitale ungherese). 

Questa prima linea (la ricerca di János) diviene vieppiù ossessiva fino, di fatto, a far di Márta una specie di stalker, senza che tuttavia – volutamente – sia dato giungere a una conclusione univoca (Márta delira? János fa finta di nulla?), anche se verso la fine sembrerebbe palesarsi un possibile happy-end. Né si perviene a una diagnosi a seguito delle reiterate sedute dallo psichiatra.

Lo spettatore viene chiaramente invitato a sospendere l’incredulità, a farsi catturare in quest’atmosfera di incertezza, leggermente inquietante, tenuto conto anche del fatto che la protagonista è a sua volta vittima dei pedinamenti e delle massicce avance di un giovane studente di medicina, il cui padre è stato operato e guarito dalla talentuosa donna. 

Il concetto di sospensione è meravigliosamente esemplato nella scena finale: una carrucola che issa all’ultimo piano di un casamento l’enorme cassa di uno stereo che resta, appunto, lì sospesa, osservata dagli occhi azzurri azzurri di Márta. 

Preparativi per stare insieme un periodo indefinito di tempo (Felkészülés meghatározatlan ideig tartó együttlétre); Regia e sceneggiatura: Lili Horvát; fotografia: Róbert Maly; montaggio: Károly Szalay; interpreti: Natasa Stork (Márta), Viktor Bodó (János), Benett Vilmányi (Alex); produzione: Poste Restante; origine: Ungheria, 2020; durata: 95’; distribuzione: Cineclub Internazionale Distribuzione.

 Pubblicato su close-up.info il 1 marzo 2023 di Matteo Galli

 

 

 

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