giovedì 6 aprile 2017

Big Little Lies - I segreti degli altri (HBO serial)

http://ilmucchio.it/articoli/cinema-tv/big-little-lies/
di Beatrice Mele, Il Mucchio  ilmucchio.it










Tutti i bambini vanno a scuola, vero; tutti gli adulti hanno un telefono connesso ad Internet, piuttosto vero; tutti i genitori sono in un gruppo whatsapp “di classe” probabilmente silenziato con mamme e papà che non vedono l’ora di tornare ad ignorare, verissimo. Costretti a frequentazioni più o meno impegnative, dalla riunione con le insegnanti alla condivisione dell’attesa del suono della campanella fino alle feste unadietrol’altra, ai 30/40enni con prole di oggi piace definirsi spettatori di altrui manie in un contesto scuola-famiglia pieno di originali/problematiche/disfunzionali personalità, le stesse che Big Little Lies, patinata miniserie HBO in onda su Sky Atlantic, mette in scena cogliendo l’attimo: in questa storia, un romanzo scritto e ambientato in Australia da Liane Moriarty e per l’occasione trapiantato a Monterey in California, è facile riconoscere gli altri, meno se stessi.
C’è Madelaine (Reese Witherspoon), madre in controllo equa-solidale-riformista che sembra soffrire la nuova relazione dell’ex marito, c’è Celeste (Nicole Kidman) – bella lei, belli il marito, i gemellini e la villa fronte mare – così perfetta da non essere credibile, c’è Jane (Shailene Woodley), madre-single appena arrivata in città, nuova e dunque misteriosa. C’è poi il chiacchiericcio di chi guarda e dall’esterno giudica.
Tra case da urlo e scogliere a picco sull’oceano, i sette episodi diretti da Jean-Marc Vallée (Dallas Buyers Club) e introdotti da Cold Little Heart di Michael Kiwanuka ribadiscono che anche i ricchi piangono e si premurano di mettere in chiaro che l’infelicità è un sistema complesso che richiede presenza: della vittima, del suo aguzzino – i cui ruoli capita sfumino l’uno nell’altro – e del coro che spia, così ben descritto, ad esempio, in Libertà di Franzen.
Big Little Lies avvia i motori quando il piccolo Ziggy viene accusato di aver messo le mani al collo di una sua compagna. Un gesto aggressivo, forse frainteso, forse mai avvenuto, che lo confina all’angolo e che rimesta nelle paure irrisolte degli adulti intorno. Un incipit che, con le dovute differenze – lì era un uomo a strattonare un bambino – ricorda il riuscito The Slap, nella sua versione australiana, dove dinamiche relazionali solo apparentemente sane venivano via via smascherate.
La violenza, tanto più prepotente nella disparità di fisicità tra i due sessi, è inequivocabilmente un tema sensibile della serie che prevede come The Affair un omicidio di cui fino alla fine si sa pochissimo e che non porta nulla in più all’appeal della storia (ma chiuderà il cerchio in maniera fin troppo tonda).
Più intrigante, seppure non inedito, è l’accento su ciò che spesso si nasconde nell’intimità della famiglia, con la penetrazione come mezzo attraverso il quale l’uomo si rivale di una posizione defilata, con segreti taciuti anche agli amici più cari e condivisi con difficoltà solo con una psicoterapeuta; ma più interessante ancora è il rapporto tra genitori e figli, con i secondi visti come possibilità attraverso cui riscattarsi da torti e frustazioni e con i primi sempre più fragili nella loro capacità di essere figure di riferimento.
Così quando Madelaine organizza un evento alternativo per boicottare il compleanno faraonico della bambina che ha accusato Ziggy, la madre della festeggiata (Laura Dern) le giura vendetta sia per il “trauma” procurato alla figlia sia per lo sgarbo da lei patito. In quel frangente, così come in altri, ogni azione è esagerata, messa in atto come dimostrazione di una supremazia nella popolarità e nella leadership, mentre dei bambini non resta che qualche inquadratura di sfuggita.
Big Little Lies sembra dire che l’infanzia è una faccenda da adulti, il loro Risiko personale dove i più piccoli possono finire a letto in anticipo per permettere ai grandi di seguire una serie tv che parla di loro, ma in cui riconosceranno solo gli altri.

Pubblicato su Il Mucchio n. 753 – Aprile 2017

lunedì 23 gennaio 2017

Riflessioni su Paterson di J. Jarmusch


Mentre lo guardavo pensavo fosse una storia minimalista, fatta di piccole cose, silenzi, sospensioni.
A ripensarci invece lo trovo un film di peso e che dice grosse cose.
Importanti.
Poetico, sicuramente, ma anche in qualche modo assertivo.
Forse più per le cose che non mostra e che non dice. Quelle cui siamo abituati, quelle che pensiamo debbano esserci e invece non ci sono. 
I protagonisti sono due giovani. Non sognano il successo, non cercano di entrare in un’idea di felicità non loro. Sono sé stessi, vivono in modo semplice, stanno bene, non recitano ruoli.
Sono onesti, sinceri, condividano la vita, non se la raccontano.
Sognano e vivono, guidano il bus e scrivono poesie, decorano la casa e  aspettano un chitarra.
Dormono abbracciati, ma non devono esibire le loro scopate. La televisione è sempre spenta. La casa è semplice, in un posto anonimo, ma si veste della luce della sera e del mattino non meno di altri luoghi.
Nulla è altisonante o ridondante per paura del silenzio. Il silenzio va bene.
In tutto questo non c’è l’ambizione, la carriera, il peso del sistema, i soldi come misura della propria affermazione,  l’immagine di sé come un prodotto da vendere,  l’uso di un linguaggio forte ma vuoto, l’idea di sconfitta e di successo legata a questi falsi valori, il male di non essere perfetti.
Non tutte quelle cose che pare debbano esserci sempre, nei film come nella vita.
Posso dire che tutto questo è un discorso dannatamente politico?
Non la politica cui siamo abituati, non il teatrino dei contrapposti battibecchi in cui spesso anche noi cadiamo.
Ma la politica che facciamo ogni momento con le nostre vite.
Ecco un film poetico, ma anche politico. Anticapitalista, più di tante parole che ho sentito negli anni.

Edoardo Badano

lunedì 9 gennaio 2017

2016 (★)

Carol (Todd Haynes)
David Bowie - Blackstar
American Crime (ABC - st. 2)
Mistress America (Noah Baumbach)
Fuocoammare (Gianfranco Rosi)
Il Club (Pablo Larrain)
Under The Sun (Vitalij Manskij)
Tortoise - The Catastrophist
Weekend (Andrew Haigh)
Vijay Iyer & Wadada Leo Smith - A Cosmic Rhythm With Each Stroke
Al di là delle montagne (Zhang-Ke Jia)
The Invitation (Karyn Kusama)
                                 
Paul Mason - Postcapitalismo (Il Saggiatore)
Vinyl (HBO - st.1)
Daniel Clowes - Patience (Bao Publishing) 
The Witch (Robert Eggers)
Laurence anyways (Xavier Dolan)
Kim Gordon - Girl in a band (Minimum Fax)
Tutti vogliono qualcosa (Richard Linklater) 
V.A. - Boombox/Early Indipendent Hip Hop 1979-82
The Night Of (HBO)
Kent Aruf - Crepuscolo (NNE)
The Assassin (Hou Hsiao-hsien)
Halt and Catch Fire (AMC - st. 3)
Nick Cave - Skeleton Tree 
Barry Miles - Io sono Burroughs (Il Saggiatore)
Neruda (Pablo Larrain)
A Tribe Called Quest - We got it from here
Elle (Paul Verhoeven)
Percival Everett - In un palmo d'acqua (Nutrimenti)
Spira Mirabilis (Martina Parenti, Massimo D'Anolfi) 
Rectify (SundanceTv, 4 st.)
Jeff Parker - The New Breed 

last but not least:
Billions (Showtime-st.1)
Lo chiamavano Jeeg Robot (Gabriele Mainetti) 
Jules Feiffer - Kill my mother (Rizzoli Lizard) 
Beyoncè - Lemonade
Giordano Meacci - Il cinghiale che uccise Liberty Valance (Minimum Fax)
Un padre una figlia (Cristian Mungiu)
Frantz (François Ozon)
Indivisibili (E. De Angelis)
Bill Evans - Some Other Time, The Lost Session
Selene Pascarella - Tabloid Inferno (Ed. Alegre)
Train to Busan (Yeon Sang-ho)
Don DeLillo - Zero K (Einaudi)
Paolo Conte - Amazing Game 
E' solo la fine del mondo (X. Dolan)

lunedì 17 ottobre 2016

Pablo Larrain: Why the Movie ‘Neruda’ Is an ‘Anti-Bio’



“…biopics are so dangerous, I think, and I have enjoyed very few of them. Believe me, I read four biographies, I read his autobiography; it’s a beautiful book. I talked to people who met him, I read hundreds of essays on his life and I made a movie that’s called “Neruda.”

And I can tell you right now that I have no idea who he was because he’s ungrabbable, impossible to put in a box. You can make 100 movies and you would never be able to do that. So, once you understand that, it gives you a lot of freedom, and that’s why we say that this is a Nerudian movie because for us — in my country and in our language — Neruda was a man who created a cosmos that is so complex and deep.”


lunedì 9 maggio 2016

Perle (semi)sconosciute di rock underground tedesco anni '70


YATHA SIDHRA
 A MEDITATION MASS

A Meditation Mass esce nel '74 edito dalla Brain (una delle label fondamentali che in quel periodo stampava dischi di krautrock) con una splendida copertina gatefold e il titolo del disco che si legge dal die-cut, che lascia intravedere un mandala tibetano disegnato all'interno. I fratelli Fichter lavoravano da un pò ad un brano lungo, che presto si trasforma in una suite che da origine al loro unico disco e che combina suono e ricerca spirituale, a tal punto che le performance dal vivo dei Nostri erano esperimenti di meditazione sonora e preghiera collettiva. La suite è divisa in quattro parti e il risultato è un continuum di straordinaria eleganza e bellezza. Gli arpeggi di chitarra e le pulsazioni cosmiche del Moog, le delicate percussioni e gli angelici spifferi del flauto ci portano in uno stato di trance consapevole contornati da incensi e candele. Malgrado questo (e come succede spesso in molti dischi underground tedesco dell'epoca) il variare di stili, umori e tendenze è presente anche nei Yatha Sidhra, che non ci risparmiano accenni tenui di jazz e riff di chitarra psichedelica. Va infine segnalata la voce, lo strumento tra gli strumenti, poca ma sufficiente per sussurrare al cosmo  le emozioni profonde dell'uomo.

mercoledì 2 marzo 2016

Il Club, di Pablo Larrain

Il Cinema di Pablo Larrain è dolorosamente necessario. Ogni disquisizione rischia di essere superflua, e la recensione potrebbe concludersi qui, perché di superfluo, nei film di Larrain, non c’è nulla.
Il Club è un’esperienza intensa, dura, una serie di uppercut alla morale, allo stomaco e a certo cinema di indagine  stile Spotlight, che ne ricalca, diversamente, il tema; una spietata, complessa, messa in scena sugli abusi della chiesa cattolica,  come un nuovo punto di vista da cui partire per esplorare i temi cari a Larrain: repressione della liberta, il senso di colpa non di un singolo, ma di un’intera nazione.
Quattro preti penitenti, allontanati dalla Chiesa per atti di pedofilia e non solo, e suor Monica, con il compito di sorvegliante, vivono sotto l’egida di una  punizione spirituale, in una piccola casa nella cittadina costiera cilena di La Boca. Mantenendo le distanze dalla gente del posto, l’unica distrazione è – geniale intuizione - l’addestramento di un levriero da corsa, mentre la ripetizione della quotidianità si dipana tra preghiere, pasti e televisione, in una sorta di idillio stranamente tranquillo: immagini senza parole di tramonti, le onde e le cene comuni, quasi un accenno al miglior Terrence Malick, sottolineato dalle splendide sinfonie di Arvo Part. I delicati fili della comunità vengono spezzati dall’arrivo di un altro prete, anche lui colpevole di pedofilia e subito accusato da Sandokan, un clochard del luogo, che gridandogli in faccia ciò che gli ha fatto quand’era ancora piccolo, lo porta al suicidio. Ad indagare sull’accaduto, giunge sul luogo padre Garcia, gesuita e psicologo, squarciando ulteriormente l’apparente stabilità del club.
Dopo le esplorazioni del Cile sotto la dittatura militare di Pinochet (Tony Manero, Post Mortem e Noi),  la feroce voce critica - e politica - di Larrain passa attraverso i dialoghi/interrogatori tra Garcia e gli altri sacerdoti, con il  derelitto Sandokan come la personificazione di tutte le vittime (in)consapevoli della Chiesa, fino ad arrivare ad una sorta di notte dei cristalli, in una durissima sequenza mozzafiato a suggerire che anche scheggiata o indebolita, la Chiesa, a rappresentare la repressione e il potere, è disposta, con ogni mezzo, a proteggere se stessa.
Un’opera che, stando alle parole del regista, è anche “un manifesto contro l'egemonia dell’alta definizione. Oggi tutti i film si vedono nello stesso modo e sembrano visivamente tutti uguali. Per rendere così plumbee le immagini, abbiamo dovuto utilizzare un processo chimico a base di acqua sulla pellicola”.
Fondamentale.

lunedì 21 dicembre 2015

2015 The End of an Era

D'Angelo - Black Messiah   
Olive Kitteridge (HBO miniserie)
Turner (Mike Leigh)
John Carpenter - Lost themes 
Emmanuel Bove - I miei amici (Feltrinelli - rist.) 
Vizio di forma (Paul T. Anderson)
Ben Lerner - Nel mondo a venire (Sellerio)
A most violent year (J.C. Chandor) 
Michel Houellebecq - Sottomissione (Bompiani) 
National Gallery (Frederick Wiseman) 
American Crime (ABC st. 1)
Iosonouncane - Die 
Andrea Ferraris - Churubusco (Coconino Press)
It follows (David Robert Mitchell)
Mad Max: Fury Road (George Miller) 
Steve Coleman & Council of Balance - Synovial Joints 
Kamasi Washington - The Epic  
The Jinx: The Life and Deaths of Robert Durst (HBO miniserie)  
Predestination (Michael & Peter Spierig) 
Ferenc Karinthy - Epepe (Adelphi)
Jim O'Rourke - Simple songs   
Taxi Teheran (Jafar Panahi)
Mauro Ermanno Giovanardi - Il mio stile
Ich seh Ich seh [Goodbye Mommy] (Veronika Franz)
Non essere cattivo (Claudio Calegari)
Show me a hero (Paul Haggis HBO miniserie) 
Trois souvenirs de ma juenesse (Arnaud Desplechin) 
Inside out (Pete Docter)
Ritorno alla vita (Wim Wenders)
Junun (Paul T. Anderson) 
Julia Holter - Have you in my wilderness
Deephan (Jacques Audiard)
Floating Points - Elaenia
Nicolas De Crécy - Il celestiale Bibendum (Eris Edizioni) 
New Order - Music complete
Hartmut Rosa - Accelerazione e alienazione (Einaudi)
45 anni (Andrew Haigh) 
A bigger splash (Luca Guadagnino) 
Fargo (FX stagione 2)
 
  
the good  Hungry Hearts (Saverio Costanzo)
Blackhat (Michael Mann) 
Jeff Vandermeer - Trilogia dell'Area X (Einaudi) 
Marco Peano - L'invenzione della madre (Minimum Fax)    
Makaya Mccrave - In the Moment 
Joan Didion - The white album (Il Saggiatore) 
Ex Machina (Alex Garland) 
Il racconto dei racconti (Matteo Garrone)
Kendrick Lamar - To pimp a butterfly

Mbongwana Star - From Kinshasa   
Sicario (Dennis Villeneuve)  
Me & Earl & the dyning girl (Alfonso Gomez-Rejon)
Annie Ernaux - Gli anni (Le Orme)
John Grant - Grey tickles, black pressure 
La Isla minima (Alberto Rodríguez)
Francofonia (Alexander Sokurov)
the good tv: Halt and Catch Fire (AMC) / Mr. Robot (USA Network) / The Affair (Showtime) / The Leftovers (HBO st. 2)
        
the bad and the ugly Youth (P. Sorrentino) / Mia madre (N. Moretti)
Michel Hazanavicius
Michel Hazanavicius
Michel Hazanavicius

giovedì 5 novembre 2015

Entrano le maschere

"Entrano le maschere" di "la Decima Vittima - Alessio Caorsi : Chitarre, suoni - Alberto Valgimigli : Basso, suoni - Emilio Diena : Drums - Andreas kahnt : Sax
Estratto da "Ordinary Days" la Decima Vittima 2015
Video ARTWORKS e MONTAGGIO : Alberto Valgimigli
mail : ladecimavittima@rocketmail.com



mercoledì 10 giugno 2015

Kamasi Washington - The Epic



"The Epic (Brainfeeder) is a 172-minute, three-volume cd's set that includes a 32-piece orchestra, a 20-person choir, and 17 songs overlaid with a compositional score written by Washington. Pulsing underneath is an otherworldly ten-piece band, each member of which is individually regarded as among the best young musicians on the planet – including bassist Thundercat and his brother, drummer Ronald Bruner Jr., bassist (yes, there are two) Miles Mosley, drummer Tony Austin (of course there are two), keyboard player Brandon Coleman, pianist Cameron Graves, and trombonist Ryan Porter. Patrice Quinn’s ethereal vocals round out the ensemble."

mercoledì 11 marzo 2015

Ben Lerner - Nel mondo a venire (Sellerio, 2015)










http://sellerio.it/it/catalogo/Mondo-Venire/Lerner/8026




Un malvagio senso di esterofilia continua ad ammorbare la mia facoltà di lettura; sarà che le emozioni su carta, in anni più o meno recenti,  mi vengono indotte, ahimè, da autori stranieri, leggere un chiaro elogio di J. Eugenides nei confronti di Ben Lerner ha attizzato la mia meschina curiosità. 

Oltre alla sicuramente remunerata pubblicità dell’autore de “Le vergini suicide”,  il titolo originale di Nel mondo a venire, 10.04 (la torre dell'orologio in Ritorno al futuro vi ricorda qualcosa ?) ha risvegliato quell’insana curiosità, che spesso mi attanaglia, nei confronti di scrittori a stelle e strisce, memore del piacere delle letture di un Malamud  piuttosto che Everett, Roth, Yates, Eagan, Franzen, lo stesso Eugenides. Per carità, la prosa di Walter Siti, per citarne uno, ci è sicuramente invidiata da molti, ma vuoi per una ristretta forma mentis, è altamente probabile che nelle mie mani finiscano libri francesi, inglesi, americani piuttosto che Isabella Santacroce o il vincitore dello Strega. Esempi calzanti ? Fate voi.

Trama e personaggi di Nel Mondo a Venire sono facilmente reperibili in rete, pertanto... Pertanto la bellezza, rassicurante, inquietante e a volte sublime di questo Lerner, risiede nella grande capacità narrativa di eventi apparentemente slegati tra loro: una patologia cardiaca potenzialmente fatale, uragani, Ronald Reagan. Eventi che nel mondo a venire  ("tutto sarà come ora, solo un pò diverso") attestano il romanzo nella forma di domanda sulla natura della letteratura stessa, sull’impalpabilità del fisico e del metafisico, presenza e contemporanea assenza del passato e del futuro, la (a)temporalità degli eventi che scandiscono la vita e il senso di inadeguatezza che ne deriva, galleggiando nella liquidità delle relazioni, nella bramosia di far accelerare il nostro cuore per poi svanire nella memoria.