martedì 20 dicembre 2011

....porca puttana, non ho mai tempo... “In Time” di Andrew Niccol (2011)


I migliori film di  fantascienza sono quelli che hanno sempre utilizzato una tendenza politica e sociale del presente, come fondamento per personali proiezioni del futuro, come una foto di possibili risultati, da capolavori come “L’invasione degli ultracorpi” (1956) e “2022 I Sopravvissuti” (1973), fino al Carpenter di “1997 Fuga da New York”; attraverso uno scorcio del domani, possiamo meditare su ciò che stiamo facendo oggi.
Il regista Andrew Niccol in “Gattaca” (1997) esplorava l'idea del raggiungimento della società perfetta, in un mondo che vede la nascite controllate attraverso la manipolazione genetica, in cui solo i perfetti sono gli unici atti a vivere e governare; oggi torna con questo “In Time”, con l’ex popstar Justin Timberlake, ormai riciclatosi nella Hollywood che conta (“The Social Network”).
Al di là di queste premesse, la curiosità del film, sta nell’idea di Niccol, nata, sembra, da una ricerca su Google per la parola "tempo", che pare aver prodotto oltre 11 miliardi di visite, in pratica tra le più cliccate di sempre.
Il tempo è perennemente nella nostra mente e al centro delle nostre preoccupazioni, è qualcosa di intangibile in fondo, parliamo di averne, di risparmiarne, ma non abbiamo il modo di poterlo “comprare”, di “possederlo”, in un mondo in cui tutto, oggi, sembra poter essere acquisito se si possiedono i giusti requisiti del vil denaro. Per quanti di noi è un ossessione, quante volte ne parliamo in termini di spreco, quasi fosse un  disturbo compulsivo ? 
La curiosità e l’interesse di “In Time” sono racchiuse in questo concetto, dato che l’ambientazione richiama  un  futuro prossimo già visto in altre decine di film (stupenda, per ironia, quella descritta da G. Romero ne “La terra dei morti viventi”, ma basta citare “Blade Runner”), in cui esistono zone che separano  i ricchi dai poveri, dove ognuno ha una sorta di timer, che permette di arrivare a 25 anni, dopo di che si muore, a meno che non si riesce a trovare un modo per ottenere più tempo, per “proseguire”. Nei ghetti tutto si guadagna e si paga con il proprio “tempo” (cibo, affitto),  che diventa letteralmente denaro. La speranza per la propria vita è l'acquisizione di un surplus di anni e la prospettiva di immortalità. Il plot prende il via da quando il protagonista (Timberlake) salva un giovane con un secolo sul suo timer, che gli regala gli anni, per poi suicidarsi. Da qui l’inseguimento classico del fuggiasco, incriminato per aver rubato gli anni dal morto, dove si inseriscono un banchiere ricco e potente che ha sfruttato i poveri facendo  prestiti di “tempo” come il più classico degli strozzini.
Un godibile ma perdibile sci-fi thriller, con i consueti richiami alla moralità perduta del nostro contemporaneo, la non-coscienza di classe, il crescente divario tra ricchi e poveri, il non dare valore ad ogni momento della propria vita, la ovvia critica al capitalismo, a quelle Wall Streets e coorporazioni padroni di oggi, in fondo, non del denaro, ma del tempo, della vita di miliardi di persone. E ovviamente, a noi, nel semibuio della nostra saletta cinematografica, non resta almeno che dire o pensare “che si fottano”…

2 commenti:

silvia ha detto...

Roby, mi hai fatto venire voglia di vederlo fino alla quint'ultima riga in cui dici vedibile-perdibile.

Forse dovresti fare delle icone:

tipo uno schermo (vai), un mulo (scaricalo dal web), un wc (scaricalo nel cesso) ;-)

Roberto Gallino ha detto...

potrebbe sembrare un pò pretenzioso... io l'ho visto a casa (....ops!) e mi è sembrato il luogo ideale. In mano a qualche altro regista poteva essere un opera ben più audace