giovedì 1 dicembre 2011

Spazi, spunti, riflessioni e puttanate

I vari commenti e post apparsi sia su facebook che, fortunamente, sul blog, grazie anche alla bella “visione per immagini” di Eugenia T. sull’ultimo film di Kaurismaki, mi spingono a dire la mia su quella che viene definita comunemente recensione, cinematografica, musicale o altro che sia, idea da cui è nato questo blog. Da tempo si leggono affermazioni del tipo “La critica cinematografica (e non solo, dico io) non ha più un suo spazio”, scritte soprattutto da chi svolge questa professione e quindi atte a difendere il proprio ruolo.
Quanti di noi si affidavano alle recensioni del Manifesto , di Repubblica o di riviste come Duel, piuttosto che NME, The Wire, Cahiers Du Cinema, Rockerilla e le tante riviste che si aspettavano in edicola per ricavare un’idea di un titolo che ci incuriosiva. Dall’ultimo cd di Robert Fripp, piuttosto che un film coreano proiettato e mitizzato in qualche festival, e quindi praticamente invisibile ai comuni mortali, per trarne ispirazione e spingersi (chi a volte tristemente munito di pop corn e patatine, per favore smettetela!) , magari nel cinema di un’altra città, per verificare con i propri occhietti desiderosi di immagini se ciò che si aveva letto corrispondeva a verità, o se le note musicali tanto decantate risvegliano in noi le emozioni che trasmettevano la “sacre parole” che si alternavano sulle riviste musicali. Critici, recensori, che per molti di noi, adolescenti e non, cresciuti senza internet, rappresentavano dei punti fermi, dei fari che ci guidavano verso il capolavoro, o finto tale, verso il disco imperdibile, verso il nuovo scrittore “più importante del nostro secolo”
Oggi esiste la consapevolezza che, parallelamente e grazie alla comparsa della “critica” sul web, è andata progredendo la messa in crisi della tradizionale prassi critica, su carta, enunciata da nomi che in anni e anni si sono ricavati un’immagine da podio massmediatico, che li hanno spinti fino a biechi salotti televisivi, o che hanno addirittura trasformato politici (!) in recensori ed onniscienti di cinema piuttosto che di musica, stile W. Veltroni.
Il web, o almeno i profani che come il sottoscritto, e chi lo sopporta/supporta in questa fin qui breve avventura, credo rivaluti sostanzialmente il concetto e i parametri di giudizio, di apprezzamento, di analisi , senza escluderne però quell’echeggiare, quel quasi ripetere ciò che è nato e che si è vissuto in seno al cartaceo. Qui non ci si propone certo di recuperarlo, sicuramente io ne sono influenzato, ma grazie ad interventi di pochi, ma perspicaci e arguti partecipanti che hanno anche solo commentato i nostri post, mi piacerebbe che ognuno scrivesse davvero quello che più gli aggrada, senza legami o timori di perseguire le orme e gli stili delle stampa o di altri, più o meno noti, siti di recensione ed analisi musicale, cinematografica, letteraria.
Ben vengano quindi le vostre partiture scritte di getto, le vostre “visioni”, le vostre e, soprattutto le mie, puttanate, purchè scritte con la voglia di scambiarsi idee ed emozioni.

“I Can’t Escape Myself”, The Sound (1980)

6 commenti:

maxygroove ha detto...

Caro Robberto,

bella la tua riflessione perchè si interroga sul senso delle cose. L'apertura di uno spazio di condivisione, anche il più piccolo, è sempre uno squarcio nel nulla. La recensione, la critica e le puttanate sono solo forme espressive del sentire. Sono d'accordo con te si condividono le emozioni che i prodotti culturali suscitano. Sui codici, gli stili e i contenuti si capirà a ognuno piace quello che gli è vicino, io credo che addentrarsi in quello che non ci attrae epidermicamente sia la più grande scommessa (oggi che tutto è premasticato e confezionato per piacere). Quindi lo stile è solo un pezzettino chi cerca leggerezza e chi cerca profondità, chi tutti e due. E' una bella sfida basta esserci.

Roberto Gallino ha detto...

Caro MDM,

hai ragione, lo stile lasciamolo agli altri, nel senso più benevolo del termine. Non credo ci interessi "lo stile", ma solo il proprio sentire

maxygroove ha detto...

lo stile ci interessa e come ma fa parte del sentire

Roberto Gallino ha detto...

intendevo lo stile non copiato, ma quello privato, quello che molti hanno e di cui non se sono consapevoli, così come quello che tu hai definito smarty. quello stile, che anche nelle puttanate, sia...stile. qui sopra nessuno si deve spingere ad imitare Franzen o Pasolini, ma già provarci è una questione di stile.

Barney ha detto...

Roby, parole sante, son d'accordissimo. Sono stufo di gente che entra in libreria e mi chiede il tal libro perchè lo ha "recensito" (ma sarebbe meglio dire lo ha "leccato"...) Repubblica, il fatto quotidiano, oppure "L'ho visto da Fazio, sembra bello...". Basta! sono solo marchette! ..... il futuro dovrebbe essere fatto di titoli meravigliosi (ogni volta che lo vedo mi scappa da ridere...) come quello di Max "Ma che cazzo ce ne frega del trolley di Cheyenne". Sarà perchè siamo liberi di pensare e di agire?

Roberto Gallino ha detto...

Barney, forse, e dico forse, l'unica cosa che ci rimane è quel minimo di libertà che si cerca nel proprio pensiero, nelle proprie coscienze. E allora, davvero, che cazzo ce ne frega a noi ?! meglio puttanate dette con sincerità (ma non sempre!) che scritti fatte per schioccare le labbra agli autori e ai "babbi" che le bevono. sai a quale pubblico mi riferisco...