“Uno dei tre grandi scrittori
che l'America ha prodotto: Mark Twain, JD Salinger e Jonathan Flynn”.
Si apre con questa battuta “Being Flynn”(2012), inedito per ora in Italia e probabilmente
destinato al mercato dell’home-video/pay-tv, un film ancora sul tema del
difficile rapporto genitori-figli, tratto dal libro autobiografico di Nick
Flynn, “Un'altra notte di cazzate in questo schifo di città” (Mondadori).
Lo scrittore-regista Paul
Weitz, candidato qualche anno fa all’Oscar per la sceneggiatura non originale
di “About a Boy” dal romanzo di Nick Hornby, rivolge il suo sguardo al duro
rapporto tra Nick (Paul Dano, più che una promessa, già visto
in diversi contesti come “Little Miss Sunshine” e il capolavoro “Il Petroliere
/There Will Be Blood” di Paul Thomas Anderson), ed il padre Jonathan
(Robert De Niro), uomo eccentrico, scrittore alcolizzato - autore della battuta
del prologo - e padre a lungo assente, con il quale rientra in contatto in modo imprevisto; nonostante la
dolorosa sensazione mai sopita per la
perdita della madre (interpretata in flashback da Julianne Moore) incominci a
essere lenita da un nuovo rapporto con Denise (Olivia Thirlby), l'ultima
persona che Nick vuole vedere è suo padre. Jonathan ha trascorso la maggior
parte della sua vita in lavori saltuari e in prigione, dove inizia un rapporto
epistolare senza risposta pieno di consigli per il suo giovane figlio, consigli
su come essere uno scrittore, non sapendo nemmeno se Nick lo vuole essere o ha
le doti per diventarlo, non sapendo
praticamente nulla di lui. Un uomo che definisce se stesso uno dei più grandi
autori americani, senza che nessuno gli abbia pubblicato nulla o visto il suo
capolavoro letterario di cui si vanta sempre, colpevole di aver abbondonato la
famiglia per il proprio egoismo, alla ricerca di sogni mai realizzati.
Il plot non ovviamente
originale, ambientato ancora una volta nei sobborghi di periferia americani,
ricordando un altro film autobiografico sullo stesso tema come “Guida per
riconoscere i tuoi santi” di Dito Montiel (anch'esso scrittore passato alla regia),
viene sorretto dall’eccellente interpretazione del duo Dano-De Niro, ottimi interpreti
del coraggio o delle proprie lotte interiori, e concedetemelo, delle seghe mentali che spesso ci si
trova ad affrontare prima di poter essere liberi di abbracciare o tornare ad abbracciare un’altra persona.
Incespica purtroppo
nella regia piatta, anonima e tipicamente da comedy/drama hollywoodiana di
Weitz, autore anche del famigerato “American Pie” o di altri film da
dimenticare come “In good company” o “Vi presento i nostri”.
Non ho avuto modo di leggere
il libro di Flynn, dove i nodi irrisolti del rapporto che può condizionare una
vita, come quello tra genitore e figlio, hanno sollecitato vari elogi per la
descrizione della devastante condizione mentale che l’autore racconta: la
crescita e l’adolescenza senza la guida delle principali figure parentali, il
vedere precipitare il proprio padre nell’alcolismo, il crearsi il proprio
rifugio nelle droghe. Temi già affrontati, visti e letti innumerevoli volte, ma
che hanno portato comunque a “Un'altra
notte di cazzate in questo schifo di città (Another Bullshit Night in Suck City)”
numerosi elogi di varie critiche letterarie.
Forse il caso di avvicinarsi
al libro.
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