martedì 14 agosto 2012

Via dalla mecca (del cinema)…. “Twixt” (2011) di Francis Ford Coppola


“C’era una volta un paese nei pressi di una grande città… c’era gente di ogni genere, vagabondi, adolescenti in fuga, fanatici religiosi…”  Una voce fuori campo introduce così  l’arrivo di Baltimore  (Val Kilmer), scrittore di secondo piano di saghe gotiche, semialcolizzato e in disarmo, nell’ennesima minuscola cittadina della profonda provincia americana  di Swan Alley. L'imbolsito autore è impegnato in  tour promozionale del suo ultimo romanzo, con la speranza di ritrovare l’ispirazione perduta per un nuovo scritto, schiacciato dalla pressioni della moglie e dell’editore perché porti a termine il nuovo parto letterario il prima possibile.  La conoscenza con il bizzarro sceriffo locale (Bruce Dern), con ambizioni da scrittore horror, lo porta a conoscenza di un omicidio, una ragazza col cuore trafitto da un paletto, della torre dell'orologio con sette facce del campanile,  nessuna delle quali hanno la stessa ora e che si dice abitato dal diavolo, della strana compagnia di adolescenti locali, guidati dal misterioso Flamingo, dipinto come il male in persona. Le situazioni ed i personaggi che incontra non possono che catturare la sua attenzione, e fingendo di assecondare la velleità autoriali dello sceriffo, Baltimore inizia a seguire un’indagine autonoma ed onirica. Accompagnato nei suoi sogni dall’eterea ragazza V (Elle Fanning) ed Edgar Allan Poe (Ben Chaplin), confida nella speranza di riuscire a dare una svolta alla sua piccola carriera. Oltre il nodo fantastico che lega i cittadini di Swan Valley ad una serie di omicidi di bambini rimasti senza colpevole, Baltimore, riuscirà non solo nel  far venire a galla i peccati di provincia, rimasti nascosti per anni, ma anche il proprio senso di colpa per la figlia adolescente, morta anni prima in un incidente.
Sono sempre molto gradevoli da leggere i pro e i contro che riempono pagine di giornali, o  siti che siano, verso i personaggi dello spettacolo. Attori, cantanti e ovviamente registi, nessuno ne è esente; gradevoli da sfogliare nel senso più leggero del termine, nel senso della classica lettura “da cesso”,  che diventa divertente per le ingiurie o le esaltazioni del personaggio pubblico, messo sotto la lente di ingrandimento in quel momento. Coppola, su questo nessuno dovrebbe nutrire dubbi, ha prodotto alcuni dei migliori film di tutti i tempi, da "La conversazione” (1974) all’immenso "Apocalypse Now" (1979) - passando attraverso l’esordio sotto l’egida di un altro esodato da Hollywood come Roger Corman, e altre avventure che la rete è in grado di fornirvi – ha segnato in modo indelebile il Cinema, è diventato un rinomato produttore di vini, propietario di incredibili lodge ad impatto ambientale zero in Belize. Un personaggio di peso, non solo nel senso fisico del termine; se ne è andato dalla mecca del cinema, prendendone le distanze per anni, ha lasciato spazio sugli schermi ai figli Roman e Sofia, ed è tornato con un linguaggio filmico molto diverso da quello che aveva lasciato, prima con “Un’altra giovinezza” del 2007 , con il bellissimo “Segreti di famiglia” del 2009, un’opera forte ed intima con richiami al proprio vissuto, recitato da uno splendido Vincent Gallo. Dopo la rivisitazione del “Dracula di Bram Stoker”  (1992), con “Twixt”,  che pare aver avuto una distribuzione praticamente inesistente negli USA, torna a misurarsi, con toni ed umori  decisamente diversi, con il fantastico, una ghost story su cui è davvero difficile esprimersi. Il continuo passaggio tra accenni umoristici e quasi comici (volontaria o meno) ad atmosfere prese di peso dalle visioni del Lynch di “Twin Peaks” e “Strade perdute”, risultano noiosi e decisamente fuori luogo. Il tutto shakerato con ingredienti spesso disomogenei, sia di tecnica che di scrittura: l’uso del bianco e nero nelle sequenze dei sogni, che richiama il bellissimo “Rusty il selvaggio – Rumble Fish” (1983), gli ormai bistrattati vampiri, la severa critica al finto puritanesimo cattolico imperante negli Stati Uniti, l'empasse creativo,  il non approfondimento del personaggio stesso, pervaso tra sensi di colpa e voglia di trionfalismo. Personalmente i contro in “Twixt” superano di gran lunga i pro, ponendosi il motivo di un’opera in cui la  storia stessa diventa ridicola e ricca di sciocchi cliché, con  un una narrazione soffocata da uno stile che non funziona e che non esalta; abbiamo perdonato autori di ogni genere, la lapidazione lasciamola agli altri.

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