giovedì 13 settembre 2012

Cinema e tv, odio e amore.



L’avvicinarsi della fine dell’estate, ahinoi, segna sul versante televisivo i ritorni delle nuove stagioni di innumerevoli serial tv, quelli che una volta tutti chiamavano semplicemente telefilm. Chi da anni è abbonato alle piattaformi satellitari, ha avuto la fortuna di imbattersi e godere di serial che ormai spopolano non solo tra il pubblico, ma cosa sorprendente tra la critica, spesso più radicale, elogiati come prodotti che hanno superato, soprattutto per qualità di sceneggiatura e regia, la sterile massa di pellicole provenienti dal fronte non solo hollywodiano ma dallo stesso cinema indipendente, americano o britannico che sia. Questo divario tra gli abbonati a pagamento e chi non aveva installato la mitica “parabola”, incomincia anche da noi, poco per volta, ad essere colmato dalla svolta del digitale terrestre, permettendo finalmente le visioni di prodotti di alta classe.
Non si tratta più di mitizzare serial massivi e diciamolo, orrendi come “Love Boat” piuttosto che “Dallas”, che occupavano i palinsesti delle reti Rai o Mediaset negli anni ’80, ma di prendere atto e godere di visioni di altissima fattura, che vanno dal poliziesco, al drammatico, al fantasy alla commedia. Tralascio volutamente e non mi pronuncio sui vari “E.R.”, “Dr. House”, “CSI”, “Desperate Housewives” piuttosto che “Lost” (grande intrattenimento per complessità e suspense continua della trama, ma estremizzata fino ad una spettacolarizzazione che ne ha lenito la validità nell’ultima “stagione”), fenomeni di massa veri e propri anche da noi, grazie alle non pay-tv, e si ri/scoprono serie di culto come “Doctor Who” piuttosto che “Life on Mars” o “Breaking Bad”, non sottovalutando che negli ultimi anni si è potuti godere, nei palisensti in chiaro, di visioni che anni fa nessuno avrebbe proposto, per la durezza delle storie dei poliziotti tutta famiglia e corruzione, come raccontato nelle sette stagioni di “The Shield”.


Per chi volesse addentrarsi nel mondo del poliziesco, ad esempio, il caso di “The Wire” è emblematico di come si possa superare per scrittura e produzione il cinema. Prodotta dal canale televisivo HBO ad iniziare dal 2002, diventata relativamente famosa anche per essere la serie preferita di Barack Obama – pare che quest’anno abbia eletto invece “Homeland” -  con ben 5 stagioni all’attivo. Non ricordo su quale canale siano state trasmesse almeno le prime 3 stagioni, ma chi pensa che “Criminal Minds” o “Dexter” siano il massimo per il genere, dovrà ricredersi di fronte alle storie, volutamente poco spettacolari e movimentate, di una squadra investigativa di Baltimora che affronta situazioni e temi che vanno dalla violenza urbana dei ghetti, dall’illegalità e la corruzione nella politica e nella burocrazia, alle falle del sistema scolastico, preferendo porre la lente di ingrandimento su personaggi e tematiche sociali realistiche, con un perfetto approfondimento dei protagonisti e del tessuto urbano dove operano, distanti anni luce da improbabili indagini su serial-killer di cartapesta. Sempre restando nel genere, assolutamente da vedere “The Killing - Forbrydelsen”, serial danese del 2007 (trasmesso recentemente da Rai4), con un buon remake americano dello scorso anno, dove l’omicidio di una ragazza dà il via all’indagine in cui i riflettori sono puntati  al dramma familiare e al dolore della perdita, come ai sottoboschi più biechi e corrotti della politica durante una campagna elettorale.
Quanto sia diventato attraente il mondo dei serial televisivi anche per il cinema, basta pensare a Martin Scorsese che ha diretto l’episodio pilota di “Boardwalk Empire”, o un regista di culto come Gus Van Sant che ha fatto lo stesso con “Boss”, o Spielberg e la fantascienza per famiglie e pop-corn di “Falling Skies” e “Terranova” (due episodi sono sufficienti per verificarne la piattezza); il cinema che si avvicina alla televisione sta però diventando un paradigma, invertendo un processo che se prima portava freschezza nelle sceneggiature, ora rischia di accartocciarsi su se stesso, volendo per ovvi motivi di costi e palinsesti, raggiungere un pubblico indifferenziato. Il rischio è quello di trovarsi di fronte ad una sovraproduzione e di conseguenza ad un ritorno verso il basso; esiste, soprattutto, una scelta da fare, anche perchè chi avrebbe il tempo o la voglia necessaria per stare di fronte alla tv ogni sera ? 



L’offerta è ormai talmente variegata, che districarsi e scegliere diventa e sarà sempre più difficile su quale serial seguire, tra ottimi fantasy come “Games of Thrones – Il Trono di Spade”, il moderno western degli anni zero ed i suoi violenti anti-eroi di “Sons of Anarchy”, le sedute psicanalitiche di “In Treatment” e il già citato rischio di sceneggiatori che cercheranno di migrare verso altri lidi più remunerativi, remake di serie estere, anche se ottime, come appunto “In Treatment” e “The Killing”.
Resta il fatto che “Mad Men”, supportato da una sceneggiatura che potrebbe appartenere – con le dovute distanze – alla versione attuale di romanzieri quali John Barth o Richard Yates, rendono decenni mitizzati come i ’60 e i ’70 cadaveri eccellenti, raccontando del desiderio della allora nata società dei consumi attraverso i personaggi di un’agenzia pubblicitaria, che precipitano nel vuoto come nella splendida sigla, con sagome umane in caduta libera dal World Trade Center; che “Homeland” (un soldato tenuto prigioniero in Iraq e liberato dopo 8 anni di prigionia potrebbe essere passato al nemico musulmano, ed accolto in patria come eroe e ipotetico candidato al governo, viene invece personalmente spiato da un’agente della CIA che non si fida dell’apparenze), dietro la trama carica di suspense, metta a nudo le debolezze dell’occidente post 11 Settembre, con un livello di paura e paranoia incarnato anche nell’agente della Cia, non a caso sofferente di disturbo bipolare; che “Misfits” racconti la periferia londinese attraverso i divertenti, e finalmente non edulcorati, racconti di un gruppo di ragazzi obbligati ai servizi sociali, che si ritrovano a vivere la suburbia e i ghetti dotati di super-poteri, acquisiti dopo una strana tempesta.
Vostro il tempo, vostra la scelta; anche nell’intrattenimento bisogna scegliere e al solito la rete può esservi d’aiuto.

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