Adoro il passaparola. Adoro il
passaparola che mi suggerisce un viaggio, un film, un luogo, un libro e il suo
un autore, perché spesso è il mezzo più sicuro per arrivare a mete che altrimenti rimarrebbero ignote
e ignorate. Lo adoro ancora di più, ovviamente, quando scopro che il
suggerimento si è rivelato quanto mai azzeccato.
Non avevo mai letto nulla di
Juan Rulfo, ricordavo vagamente il nome citato in non ricordo quale articolo
che lessi qualche anno fa (nè il motivo della citazione stessa), dedicato ad
uno dei miei libri preferiti, “Il Persecutore” di Julio Cortazar.
Fortunatamente i soliti fidati
amici di letture sono in questo provvidenziali, e il nome di Rulfo è tornato
alla mia ribalta e alla recente lettura de “La pianura in fiamme”, ristampato
quest’anno da Einaudi nella collana Letture; recito un mea culpa per non essermi
avvicinato prima al romanziere messicano, assurto insieme a Jorge Luis Borges,
come il miglior scrittore in lingua spagnola del 20 ° secolo in un sondaggio
condotto dell’ Editorial Alfaguara.
Tutto questo pur avendo all’attivo praticamente solo due romanzi, appunto
i racconti de “La pianura in fiamme (El llano en lamas, 1953)” e “Pedro Páramo
(1955)”, la sua opera più famosa; il resto della sua attività è sparso tra
sceneggiature per il cinema, collaborazioni con riviste letterarie. I paragoni
con Cortazar esistono anche per la stessa passione che i due autori
condividevano, quella per la fotografia, del quale per entrambi sono stati
pubblicati volumi dei loro scatti; al solito, per una biografia accurata, vi
rimando alla rete ed in particolare
al sito ufficiale http://www.clubcultura.com/clubliteratura/clubescritores/juanrulfo/home.htm .
“Pedro Páramo” è considerato
universalmente il suo capolavoro e l’opera che lo ha trascinato nell’Olimpo
della letteratura, non solo di lingua spagnola, ma questa è la sede per
raccontarvi brevemente de “La pianura in fiamme” (in lingua inglese The Burning
Plain, titolo anche dell’unico film diretto dallo scrittore-sceneggiatore
Guillermo Arriaga, sceneggiatore per il regista Alejandro Inarritu per film
come “Amores Perros” e “21 Grammi”…un omaggio a Rulfo, messicano come Arriaga?),
rappresentazione inequivocabile dell'eterna lotta tra il bene e il male, del
conflitto eterno tra la vita e la morte, la lotta per l'uguaglianza e la
giustizia che sembrano non aver fine fino a quando l'avidità, l'arroganza,
l'ignoranza e la mancanza di giudizio influenzano i cuori e le menti degli
esseri umani.
Il contesto in cui Rulfo muove
i suoi personaggi sono le zone rurali del Messico degli anni ’50, dove gli
abitanti risentono ancora degli stili e abitudini della conquista spagnola, che aveva colonizzato intere regioni per i
propri agricoltori , sterminando di fatto la popolazione indigena, che
continuerà a considerare i figli dei
coloni sempre come padroni assoluti.
Un esempio è nella splendida e
asciutta narrazione della storia "Dite loro di non uccidermi!". Il
contadino Juvencio uccide il suo amico Lupe perché gli rifiuta di fornirgli i
pascoli per il bestiame, mentre la siccità impera come una spietata ghigliottina
per il futuro di entrambi. Da quel momento Juvencio perde tutto, la moglie, il
bestiame, la sua vita, fuggendo per tantissimi anni, finendo per essere
catturato, ormai vecchio e stanco, da un
manipolo di soldati guidati da uno dei figli di Lupe, che ha sempre vissuto nell’attesa
di fare giustizia per la morte del padre.
“La pianura in fiamme” è anche il racconto
della popolazione creola di queste regioni, che continua a seguire codici conservatori, in cui la difesa dell'onore, della
proprietà, gli interessi personali e
della famiglia sono ciò che più è importante
per l'uomo. La sopravvivenza è elemento essenziale di fronte alla poca speranza
di rinnovamento, di povertà che sembra essere un processo irreversibile. La
violenza e la criminalità sono narrati quasi freddamente, quasi a voler
tralasciare impressioni o giudizi estremamente negativi; ciò che interessava Rulfo - pur non essendo
mai stato testimone diretto degli eventi rivoluzionari - era raccontare e
descrivere il contesto sociale, politico ed economico durante e dopo una guerra
civile, mettendo a nudo lo stato allarmante del paese, un Stato che deve essere
cambiato, rendendo i personaggi estremamente reali, attraverso l’uso del
linguaggio delle persone che lui stesso sentiva parlare come la gente della sua
terra e del suo villaggio. Uno Stato, non solo sociale, che negli anni ’00 non
sembra essere, purtroppo, così lontano da quello narrato da Rulfo quasi mezzo
secolo fa.
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