giovedì 27 settembre 2012

La comedie humaine di Simenon


Pongo all’attenzione di voi lettori (ma mi leggerà mai qualcuno?) due romanzi e dello stesso autore: “Il presidente” – “Il piccolo libraio di Archangelsk” – George Simenon (Liegi 1903 – Losanna 1989) – Adelphi editore.

Nella galassia di temi che nel corso di una titanica produzione letteraria (più di duecento i titoli tra romanzi e  saga del commissario Maigret) lo ha visto protagonista, George Simenon si dedica alla storia della carriera politica di un esimio e autorevole statista francese. Fin dalla prima pagina si respira un’atmosfera di dejavù,  la fine di una stagione umana prima ancora che politica e il luogo in cui il pluri presidente del consiglio ha deciso di ritirarsi e perire in solitudine ne è la prova, circondato da una servitù in perenne afflizione per la sua fragile condizione psico fisica. Una fissità da iconografia russa descrive il presidente seduto per gran parte del tempo sulla sua vecchia poltrona Luigi Filippo compagna di tante lotte politiche e oggetto imprescindibile del quale non può fare a meno.

In un excursus meditativo dilatato nel tempo i ricordi vagano alla ricerca di un appiglio a cui aggrapparsi per decifrare la personalità di un uomo che ha fatto della sua coerenza e austerità il carattere predominante. Segreti e relazioni interpersonali passate interagiscono conflittualmente nella sua mente che tenta ancora di riflettere e comportarsi come se nulla fosse cambiato, come se il protagonismo di un tempo non lo avesse abbandonato. Nello status mentale in cui si trova, la senescenza genera incroci di aneddoti e esperienze nei quali è difficile scorgere l'oggettiva e reale autenticità.
Interessante infatti decifrare nel testo come il tempo giochi un ruolo fondamentale nel riportare alla mente esperienze passate e come l’interpretazione di queste vanifichi in un certo senso l’oggettiva nascita, evoluzione e fine di esperienze vissute anni o addirittura decenni addietro. Dei rapporti di forza e dei continui compromessi che un uomo impegnato in politica  deve attuare quotidianamente.  Una indistruttibile consapevolezza personale, un unico modo di intendere il senso da dare alla vita, privo di dubbi, una gelida valutazione delle persone e delle vicissitudini di cui è stato testimone descrivono il ritratto  di  un uomo ossessionato dal potere, dagli oneri e dagli onori che questo comporta. La sete di potere per Tacito era: ''la più manifesta di tutte le passioni'' e in questo caso è anche l'unica ragione, l'unico riflesso da cui parte ogni riga del romanzo.

Il secondo romanzo è la prova indiscutibile di come un talento, un genio, riesca da un contesto piccolo borghese, sciatto e asfittico, dove è il nulla che domina la scena, a trarne un dramma realistico e potente.
Partiamo con una citazione: "E' più facile spezzare un atomo che un pregiudizio". Ma cosa c'entra Einstein con Simenon? Una massima del padre della relatività riassume perfettamente la costruzione di questo gioiello.

Storia semplice e lineare: un emigrato russo svolge la professione di libraio in un piccolo paese francese nel suo negozio-casa ripetendo ogni giorno poche e abitudinarie azioni (caffè al bar, pulizia della casa, catalogazione dei libri, osservazione e passione della sua raccolta di francobolli) fino a quando non irrompe nella sua vita Gina, bella e trasgressiva compaesana presa come governante. Jonas si innamorerà di Gina come un padre si innamora di una figlia, vuole darle un equilibrio, una sicurezza che fino a quel momento non hai mai posseduto.
Una silente contrapposizione di due persone che non vogliono cambiare l'altro per non cambiare se stessi non farà che evidenziare la crescente angoscia di Jonas nel non saper vivere pienamente la sua prima e unica relazione amorosa tanto da nascondere ai suoi vicini, con una bugia ingenua, la fuga della sua amata. Una bugia che instaurerà col passare dei giorni una plumbea atmosfera nel contesto della storia e che assumerà la pesantezza di un macigno nell'anima del povero libraio.
Sospetti, diffidenze, malanimo assorbiranno le giornate di Jonas incapace di riconoscere e ammettere per tempo l'unica colpa che, agli occhi dei suoi "amici", equivale a una sentenza di colpevolezza. Solo al secondo interrogatorio confesserà al commissario del paese la sua menzogna, impacciato e confuso in un inverosimile processo basato su sospetti e illazioni. Che fine ha fatto Gina? Perchè Jonas non racconta al commissario la confidenza di una portiera d'albergo che lo salverebbe da ogni possibile addebito?

Alla fine di un romanzo di Simenon si ha di rado la sensazione, l’impressione,  di un trionfo, ma piuttosto di uno scoramento, di una lenta e inesorabile caduta di tutti i personaggi che costellano il suo microcosmo.
Quello che comunque stupisce nella sua opera omnia è il livello mediamente alto che è riuscito a mantenere in ogni suo scritto, senza che la sua ispirazione si indebolisse, che la prosa semplice ma allo stesso tempo profonda scendesse di tono.
Questa gigantesca architettura letteraria, ricca di uomini, di paesaggi e di passioni somiglia ad una commedia umana, che talora è stata accostata a quella di Balzac ed il  suo successo immenso e duraturo  è stato oggetto di traduzione in tutte le lingue. Non stupisce dunque che il cinema se ne sia impadronito. Il testo, dove i dialoghi occupano un grande posto, reclama le immagini. Quasi tutti i romanzi sono stati ridotti in pellicola, ed alcuni più volte. Se così ricca è la sostanza dei temi che ciascuno vi può prendere ciò che vuole, farne ciò che più gli aggrada, ben pochi riescono tuttavia a rendere la complessità del libro.

Nessun commento: