I 15 minuti warholiani della
ribalta, Joshua Marton li conobbe qualche anno fa per il film d’esordio “Maria
full of grace” (2004), duro racconto di un adolescente colombiana, incinta, che diventa un corriere della droga per poter sopperire alla povertà della famiglia,
dipingendo la triste realtà di giovani donne, come la protagonista,
spesso spinte dai loro parenti ad affrontare i rischi conseguenti nel diventare
complici e spesso vittime dei cartelli della droga e delle organizzazioni
criminali nella terra promessa
degli States.
“La Faida (titolo italiano per
il più esplicativo “The Forgiveness of Blood - premiato per la sceneggiatura al 61° festival del cinema di Berlino)” è il secondo lungometraggio di
Marston, allontanandosi ancora una volta dai natii Stati Uniti per un racconto
ambientato in un piccolo paese dell’Albania, dove Nik – anche qui il regista
fissa come protagonista un adolescente – ha il sogno di aprire un internet
point. Sogno che si andrà ad infrangere in una faida che vede coinvolto il
padre del protagonista, per questioni di passaggio di proprietà di un terreno e
nel quale un uomo perde la vita, che si trova costretto quindi a fuggire per
evitare a sua volta di essere ucciso dalla famiglia rivale.
L’interesse di Marton è
rivolto sia all’arcaica tradizione del "Kanun", che detta il diritto
ad una famiglia di rivalersi nell’uccidere la prole maggiore di sesso maschile dei
consanguinei responsabili della perdita del suo appartenente - tradizione per
la quale si stimano oltre 10.000 omicidi in Albania negli ultimi 20 anni – sia
alla storia di Nik, che come qualsiasi altro adolescente, vuole solo
trascorrere il suo tempo con gli amici, e si ritrova intrappolato in una
disputa di cui non ha mai voluto far parte. Come la sorella, è costretto suo
malgrado a sostituirsi ai genitori e diventare adulto, nonostante venga ancora
ignorato quando si tratta di prendere decisioni per sè e la sua famiglia, che dovrà comunque affrontare insieme
alla propria frustrazione giovanile, dovuta anche al senso di isolamento cui è
costretto, e ad agire e lottare per un tentato ritorno alla normalità.
Aiutato nella sceneggiatura dal
regista albanese Murataj, Marton utilizza un approccio distante nel dipingere
la violenta tradizione albanese, gli spargimenti di sangue e gli scontri si
verificano fuori campo; quello che gli interessa è dipingere il reale senso quotidiano
di minaccia che pesa sulla famiglia del protagonista, con uno sguardo che
lascia a volte attoniti per la descrizione che diventa spesso curiosa, a volte
compassionevole, quasi a voler funzionare soltanto come l'esplorazione di una cultura e una
tradizione, per quanto violenta, solo apparentemente distante.
Il conflitto
intergenerazionale diventa il tema principale del film, e la tensione tra i
genitori e gli adolescenti è l'aspetto più universale de “La Faida”, che a
differenza di film come "The Millionaire" di D. Boyle strutturati
sulla creazione di finti fascini esotici dei protagonisti, si pone
fortunatamente su elementi comuni reali e riconoscibili, a volte tristemente
vicini ai luoghi in cui viviamo.
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