"Black Rainbows is a truly astonishing
record, a revelation": Corinne Bailey Rae comes of age on one of 2023's
most remarkable, must-hear albums.
While
visiting Chicago’s Stony Island Arts Bank during her 2016 US tour, Corinne
Bailey Rae experienced a Damascene-like awakening. “I knew when I walked
through those doors that my life had changed forever,” she says.
Curated by
artist and activist Theaster Gates, the Stony Island Arts Bank preserves
African American heritage through black art; books and periodicals, vinyl
records, sculptures, ceramics, glass slides, masks and music scores are all on
display. As is a collection of what is termed ‘negrobilia’ - 19th and 20th
century objects depicting stereotypical/racist images of black and indigenous
people.
The
archive’s impact on Bailey Rae was immediate, prompting her to readdress her
own relationship with her creative output and explore “what the possibilities
of my work can be…”
The result:
Black Rainbows, her fourth album and a truly astonishing record, with each of
its 10 tracks inspired by the artefacts she’d seen there.
Co-produced
by Bailey Rae with her longtime collaborator Steve Brown, it’s a real sonic
surprise. Flitting from searing punk noise to astral gliding electronica to
afro futurist R&B, it’s hard to believe that this is the same artist who
created 2016’s The Heart Speaks In Whispers, its sweet soulful nature and
mellow vibe recalling Erykah Badu.
Take New
York Transit Queen, a tribute to the first of the African American Miss New
York Transits, Audrey Smaltz, which sees Bailey Rae go all ebullient girl
group/ scuzzy grunge pop, as cheerleader clapping and drumstick clicks count in
abrasive guitars and the black glamour pin up is reclaimed and celebrated as
sex positive feminist.
Aesthetically
it’s how you imagine Bailey Rae’s first band Helen, the mostly female rock
group she formed when she was just 15 and inthrall to L7, might have sounded if
they’d graduated from the Leeds indie circuit.
Then
Erasure, a gut reaction to the negrobilia she saw and its literal erasure of black
childhood: over the song’s punk metal thud Bailey Rae seethes and screams:
“They put out lit cigarettes/Down your sweet throat/They fed you to the
alligators”?” Her anger, rage and horror palpable. It’s like Bailey Rae has
been reborn a Dahomey Amazon.
Earthlings
brings about yet another left turn: a voluptuary of sonic tributaries, it’s
defined by hauntological bleeps and electronic textures, while A Spell, A
Prayer, with its mix of ghostly synths and symphonic soul links past, present
and future through notions of ancestral pain and epigenetic trans-generational
inheritance. Were there moments in slaves’ lives when they experienced a sense
of freedom? Bailey Rae wonders. “Finger tip to finger tip, eye to eye, lay your
hip against my hip” she sings demurely, suggesting perhaps in desire communion
with the divine is found. On Black Rainbows, Bailey Rae comes of age. It really
is a revelation.
Pubblicato su loudersound.com, By Alice Clark
published September 04, 2023
Forse non dovremmo stupirci, dacché tanti anni fa, prima di
debuttare sulle scene, un'ancora adolescente Corinne Bailey Rae militava in
gruppi rock e amava far casino con la chitarra elettrica e il mascara sbavato
sullle guance. Anche se poi il mondo ha imparato a conoscerla come raffinata
interprete soul-jazz, con hit del calibro di "Like A Star" e
"Put Your Record On", quell'attitudine da punkette evidentemente non
è mai scemata del tutto.
A questo si può aggiungere il lusso dell'indipendenza
artistica, visto che Corinne oggi si trova in una posizione invidiabile, non
troppo dissimile da quella della collega Tanita Tikaram: un milionario album di
debutto alle spalle e un pubblico non troppo numeroso ma fedele, ottime basi
per poter campare al riparo dalle pressioni discografiche mentre si escogita,
con calma, la prossima mossa.
Lungo una carriera centellinata di uscite, Corinne si è
ritagliata il ruolo di cantautrice libera di sperimentare, grazie anche allo
studio di registrazione che si è costruita in casa con l'aiuto del marito, il
produttore e collaboratore Steve Brown. I suoi lavori sono sempre eseguiti
egregiamente, ma anche con questi pacati presupposti casalinghi alle spalle,
"Black Rainbows" spiazza l'ascoltatore più ferrato, dimostrando la
penna di un'autrice viva e vegeta, a momenti fremente come un cavo elettrico,
ondivaga e nevrotica come non si era mai vista prima d'ora.
La figura di Audrey Smaltz, celebre commentatrice di moda
afroamericana attiva sin dai tempi della segregazione razziale, dona
ispirazione per il roboante singolo di lancio "New York Transit Queen",
un power-pop da bordo campo col quale l'autrice fa il tifo alla titubante
immagine di se stessa da giovane - da madre di due figlie, oggi, Corinne è ben
conscia delle insidie che le sue piccole incontreranno lungo il cammino. Sin
dal titolo, infatti, "Black Rainbows" non fa segreto di quesiti
identitari, sogni infranti e paure da esorcizzare - un brano su tutti è il
sinistro andazzo di "He Will Follow You With His Eyes", elegante
lounge falsamente rassicurante che poi dirotta in una sorda filastrocca dadaista
ideata per scrollarsi di dosso ogni sguardo non voluto.
Ma Corinne non pecca di retorica; dalla sciancata apertura elettronica di "A Spell, A Prayer" all'intermezzo stile Thundercat della title track, passando per l'urlo di "Erasure", che pare un incrocio tra PJ Harvey e Patti Smith, o anche il curioso esperimento sintetico "Earthlings", a metà strada tra Laurie Anderson e Roy Ayers, "Black Rainbows" ondeggia e calpesta senza mèta ma abbonda di fantasia. L'ascolto ha comunque un centro tavola; è "Put It Down", quasi nove minuti di lucenti riverberi progressivi, accenti digitali e ritmiche in espansione - il suo andamento ipnotico e spiritato ricorda "Sister" di Tracey Thorn, brano altrettanto lungo e coinvolgente sul quale la stessa Corinne appariva come ospite ormai un lustro addietro.
Lungo l'ascolto figurano almeno due momenti che, pur in
antitesi, illuminano il percorso come lucciole. "Red Horse" è un
cielo stellato sulla malinconica brughiera dell'ultima Beth Orton, una dedica
d'amore al proprio marito arrivato in salvo all'ultimo minuto. "Peach
Velvet Sky", invece, viene tessuta col solo pianoforte acustico senza
alcun abbellimento, vagando nell'etere con fare inquisitorio, tra scarti
armonici jazz e pronti rientri in tema come la prima Tori Amos. Sono i momenti
più calmi e melodici, quelli che tematicamente si legano al passato e
contribuiscono a rendere "Black Rainbows" meglio digeribile
all'ascolto.
Invece Corinne chiude la propria storia con le stesse premesse con le quali l'aveva iniziata: "Before The Throne Of The Invisible God" è una serpeggiante fantasia free jazz, lungo la quale striature di sax e gorghi elettronici disegnano paesaggi cinematografici da exotica cannibale.
Ex-stella del soul-jazz all'inglese, poi curiosa
esploratrice psichedelica con "The Heart Speaks In Whispers", Corinne
Bailey Rae è sempre stata un'autrice da seguire, degna antesignana dei percorsi
a zig-zag di Lianne La Havas, Laura Mvula e Anaiis. Ma con "Black
Rainbows" si ha l'impressione di essere piombati su tutt'altro pianeta; un
lavoro catartico ma accartocciato, emozionante ma spigoloso, capace di
respingere l'avventore casuale e allo stesso tempo svelare qualcosa di nuovo
con ogni ascolto.
Pubblicato su ondarock.it, di Damiano Pandolfini