martedì 27 febbraio 2024

Estranei di Andrew Haigh (2023)

 

Eric Rohmer in versione ‘queer’ con il corpo-memoria di David Cronenberg. Il mélo-fantasy più impossibile di sempre, un film di infinita bellezza con un cast da urlo.

Guarda le stelle il cinema di Andrew Haigh. Ci arriva come una specie di miracolo improvviso. Tutto nasce, tutto muore, tutto rinasce. Come nell’universo. Dal videoclip in tv interrotto all’inizio fino al finale esplode The Power of Love dei Frankie Goes to Hollywood. Il brano, come le altre canzoni, sembra già un testo di una sceneggiatura su più livelli, dello stesso Haigh. Comincia, si sviluppa, si interrompe, riparte, si riferma, torna alla prima riga, come quella a cui sta lavorando Adam, che scrive per il cinema e la tv: “Esterno, villetta di periferia, 1987”. Vive da solo in un appartamento e nello stesso edificio abita anche Harry che una sera gli bussa alla porta ma lui non lo fa entrare. Si rivedono, si cominciano a frequentare. Il loro incontro risveglia ad Adam alcuni fantasmi del passato come quello dei genitori morti in un incidente d’auto quando era ancora bambino. Torna nella vecchia casa e li ritrova lì, uguali a come li ha visti l’ultima volta.

Il tempo scorre, rallenta, dilata passioni nel cinema di Andrew Haigh. Adam ed Harry, incarnati dagli occhi di Andrew Scott e dal potenziale spettro di Paul Mescal, possono essere una delle possibili reincarnazioni di Russell e Glen di Weekend che, dopo essersi conosciuti una sera in un locale, si ritrovano a fianco la mattina dopo. Il tempo scorre e poi ritorna all’improvviso come quello di un amore passato che sgretola l’apparente solidità di una coppia in 45 anni. In Estranei, in originale All of Us Strangers, sembra cristallizzato in un presente sospeso con le nuvole e la vista di Londra dalle vetrate, i passaggi e i viaggi in metropolitana. Poi entra in gioco la dimensione onirica. Uno sconosciuto nel parco. Una traccia thriller che invece diventa esplosivo mélo che sovrappone un’alltra dimensione. Lì per Haigh c’è la possibilità di rivivere insieme un’altra volta, poter finalmente pronunciare quelle parole mai dette (l’omosessualità di Adam), di rivivere il passato proiettandolo nel presente come lo straordinario momento dei genitori del protagonista (eccellenti Claire Foy e Jamie Bell) preparano l’albero di Natale e cantano We Were Always in My Mind dei Pet Shop Boys, con il testo della canzone che però sembra uscire direttamente dai loro cuori e le parole appartengono a loro prima che al brano.

Estranei va oltre le frontiere del tempo. È un viaggio non nell’inconscio ma nei desideri del protagonista. Forse il mondo che sta attorno ad Adam sono solo costruzioni mentali. Lui stesso in discoteca balla, è felice, ama, poi la ruota gira, la musica rallenta, diventa dissonante…Stacco. In quei primi piani ravvicinatissimi del cinema di Haigh c’è tutta la paura e il desiderio di un cinema che non sembra volersi porre più nessun limite. Mai cerebrale, di un’intensità che abbraccia e porta via con sé nel cielo. Eric Rohmer in versione ‘queer’ con il corpo-memoria di David Cronenberg. Sono tante altre infinite stelle nell’universo di un film di infinita bellezza che verrebbe voglia di rivedere subito appena terminati i titoli di coda. Il mélo-fantasy più impossibile di sempre, ispirato al romanzo di Taichi Yamada del 1987. Andrew Haigh è ora, definitivamente, un cineasta di cui non si può fare più a meno.

Pubblicato su sentieriselvaggi.it il 27 Febbraio 2024, di Simone Emiliani 

 A thunderous ache stretches across Andrew Scott’s features in All of Us Strangers. His eyes are softly lidded, his lips twisted. In Andrew Haigh’s melancholy ghost story, where real ghosts are out-haunted by words left unsaid, Scott, an actor of fierce intelligence, channels shrewdness into tragedy for the greatest performance of his career.

He plays Adam, a frustrated screenwriter living in a new-build block of flats in south London. It appears he’s the only person alive there, traversing these shadowy, dimly lit corridors – that is, until Harry (Paul Mescal) turns up to this door, drunk and clearly hungry for his attention. Adam is withdrawn, too settled in his solitude to reciprocate, yet their meeting has a strange, seductive quality to it.

In fact, All of Us Strangers exists entirely in this lucid, twilight state, where both sunlight and starlight must battle to pierce the veil of Adam’s loneliness. It creates a necessary logic for Haigh, whose past work, including relationship dramas Weekend and 45 Years, is typically intimate and frank, but never so dreamlike. His film, which adapts the late Japanese novelist Taichi Yamada’s 1987 novel Strangers, flows seamlessly into its next incident: Adam travels back to his childhood home, just outside Croydon, in an effort to break his writer’s block (we see him, earlier, typing out “EXT SUBURBAN HOUSE 1987” on a blank page).

His mother (Claire Foy) and father (Jamie Bell) greet him. They look younger than Adam, and the neatly trimmed moustache and crested wave of permed hair dates them immediately. Adam’s parents died in a car crash when he was 12, and yet somehow, by magic or delusion, he’s been granted the opportunity to talk with them again. In the family room, the radio plays The Ink Spots’ “I Don’t Want to Set the World on Fire” and Frankie Goes to Hollywood’s “The Power of Love”.

The conversations they have are simple but painfully familiar, peppered with the kinds of confessions any orphan or neglected child would kill the world to hear. It’s an uncomfortable, but pressing desire: would your parents show regret if they were confronted with the ways they harmed you? Adam comes out to his parents, and gets to imagine what the interaction would have been like. His mother – Foy shrewdly deploys an empathetic but misplaced fussiness – doesn’t spurn him, but betrays too many concerns about her boy’s future. He tells her about the progress she’ll never witness, and insists: “everything is different now”. But there’s a hesitation in his eyes. His father’s response is more self-reflective, quietly issued by Bell in an understated, affecting performance.

With each visit, Adam clings a little harder to his memories, ending up in his old pyjamas, curled up in his parents’ bed. It’s as if he’s trying to go back and start anew, and shed himself of all the fear and insecurities that brought him to his London flat, alone and uncomfortable in his own body. All of Us Strangers is very much the story of Haigh’s generation – so specifically, in fact, that the writer-director shot scenes in his own childhood home – and what it means for the gay men who have seen a better world but don’t necessarily feel freed by it. At one point, Adam and Harry have an enlightening conversation about the use of the word “queer” as a descriptor.

But Harry, the representative millennial, has a confidence that conceals his own alienation, and Mescal adds him to his impressive gallery of gentle, suffering men. The passion these two men share is tenderly captured, yet it’s hard not to spend All of Us Strangers in quiet fear these lovers will not prove to be each other’s salvation. We are all born ghosts, yearning to live.

Pubblicato su independent.co.uk di Clarisse Loughrey,  25 Gennaio 2024

Titolo originale: All of Us Strangers
Regia: Andrew Haigh
Interpreti: Andrew Scott, Paul Mescal, Carter John Grout, Jamie Bell, Claire Foy
Distribuzione: The Walt Disney Company Italia
Durata: 105′
Origine: USA, UK 2023

martedì 16 gennaio 2024

How to Have Sex, di Molly Manning Walker (2023)

Prix Un certain regard al 76° Festival di Cannes

Cosa resta alla fine di tutto? Dopo una vacanza al massimo, alcol, bagni di notte, camminate all’alba, incontri e passioni fugaci c’è un’immagine di Tara nello specchio di un negozio di cosmetici all’aeroporto. Il suo volto sembra sdoppiarsi. Da una parte c’è la ragazza scatenata che mangia patatine, urla e cerca il divertimento più sfrenato. Dall’altra ci sono i suoi pensieri, anche il volontario isolamento iniziato proprio nella scena con tracce thriller in cui le amiche non l’hanno ritrovata in stanza la mattina ma c’era solo il suo telefono.

Tara parte con Skye ed Em per Malia, un villaggio in Grecia che è una delle mete del divertimento. Festeggiano la fine del liceo e, arrivate sul posto, vogliono una vacanza da sballo. Riescono a farsi dare una stanza con vista piscina e conoscono i ragazzi del balcone di fronte. Badger è subito attratto ma è con Puddy che ha un’avventura fugace

How to Have Sex, opera prima di Molly Manning Waker che ha vinto il Prix Un certain regard al 76° Festival di Cannes, sembra avere inizialmente uno sguardo asettico e poi gradualmente scende sempre più in profondità nelle viscere di una storia che mostra il vuoto dopo l’estasi, la noia dopo il desiderio, la voglia istintiva improvvisa di trovarsi in un altro posto. Il tempo è come dilatato. Eterno ma anche velocissimo. Non c’è spazio per una confidenza se non passeggera, per un abbraccio se non respinto come quello sul letto di Paddy nei confronti di Tara, resa così vera e autentica dall’interpretazione di Mia McKenna-Bruce, che si era già fatta conoscere con le serie Get Even e Vampire Academy. La macchina a mano cerca di intrappolare tutti quei momenti: le reazioni dopo i risultati della scuola, gli sguardi, l’apatia del giorno con l’euforia della notte. Cattura i colori come il cinema di Korine (in particolare Spring Breakers) ma sembra accumulare anche le istantanee di un ricordo come Aftersun. Per questo, nella sua straripante fisicità, travolge e inebria, mostra con un istinto animalesco la ricerca del consenso e regala dei ritratti della giovinezza di cui ci si ricorderà a lungo. How to Have Sex è un film ispiratissimo, che sa filmare con incredibile spontaneità ogni pensiero, anche quelli mentre il divertimento è al massimo. Senza bisogno di dialoghi verbosi (non ce ne sta neanche uno) e di voci-off. Dei protagonisti ci ricordiamo soprattutto della loro voce. E dei loro volti. Ogni inquadratura, come quella di Tara che cammina all’alba nella strada deserta, fa prima di tutto parte di un personale monologo interiore prima di diventare traccia di una memoria (forse) da condividere.

Pubblicato su sentieriselvaggi.it, 18 Ottobre 2023 di Simone Emiliani 

How To Have Sex parte con un ritmo e un piglio irrefrenabili, recupera tutti gli stereotipi delle storie di formazione che raccontano lo sfrenato divertimento adolescenziale e li (ri)scopre senza preoccuparsi di trovare una chiave particolarmente nuova. D’altronde lo spirito goliardico su cui l’esordiente Walker vuole giocare è stato ampiamente perseguito da precedenti illustri – Porky’s e American Pie su tutti, qui con maggiore realismo e una componente demenziale meno spinta -, ma il risultato è ugualmente discreto e la prospettiva delle tre ragazze viene fotografata con piacevole leggerezza.

La seconda parte del film prende invece una svolta drammatica inaspettata e l’ingannevole superficialità della presentazione assume un sapore del tutto differente. A venir fuori è l’animo sensibile di Tara – ma anche la bravura della giovanissima attrice che la interpreta, spontanea e profonda soprattutto quando agisce di movimenti e sguardi – e la sua inevitabile frangibilità, che non vuole essere soltanto una prerogativa femminile; il personaggio di Badger si presenta in effetti speculare a quello della protagonista, anche lui imprigionato in un ruolo e limitato dalla paura di (re)agire.

Walker è intelligente nel rappresentare l’esplosione giovanile di scoperta e labirintica perdizione in tutta la sua verità, tratteggiando le sfumature di un periodo di crescita estremamente delicato con grande trasporto emotivo. Gli adolescenti di questo film vivono infatti soltanto apparentemente nella dimensione dello svago e della spensieratezza, ma in realtà sono dilaniati dall’ansia dell’autodeterminazione e dalle pressioni dell’appuntamento con il futuro. Le amicizie di cui si circondano possono rivelarsi false o semplicemente non abbastanza profonde, poiché si tratta di un’età particolare nella quale viene meno la forza magnetica del gruppo – che smette di essere una calamita diventando calamità – e comincia uno spiazzante deserto di solitudine invaso dall’odore stringente di un’intollerabile e soffocante autonomia di scelta.

L’esordio alla regia della giovane Walker è promettente e spontaneo, permeato di urgenza creativa e intraprendenza autoriale. Ci troviamo di fronte a una commedia drammatica senza pretese che si nutre dell’intensità emotiva adolescenziale e dopo averla cavalcata si diverte a ribaltarne gli stereotipi e gli apparenti valori, in un crescendo che parte in direzione dell’eccesso ma poi avanza per sottrazione ed implode nel vortice dell’interiorità.

Pubblicato su ecodelcinema.com, di Corrado Monina  23 Ottobre 2023

 


mercoledì 3 gennaio 2024

2023 rewind

Top
Bussano alla porta (M. Night Shyamalan)
Yo La Tengo - This Stupid World
Alan Moore - MiracleMan-omnibus (Panini Comics)
Ines Cagnati - Giorno di Vacanza (Adelphi)
Shrinking (Apple tv- st.1)
Armageddon Time (James Gray)
Pacifiction (Albert Serra)
Pauline Oliveros - Deep Listening (Edizioni Timeo)
Air (Ben Affleck)
Quentin Tarantino - Cinema Speculation (La Nave di Teseo)
John Wick 4 (Chad Stahelski)
As Bestas (Rodrigo Sorogoyen)
Lankum - False Lankum
Fire! Orchestra - Echoes
Le Margheritine (Vera Chytilova)
Rapito (Marco Bellocchio)
Daniela Pes - Spira / Live
Master Gardener (Paul Schrader)
V.a. - Omenana-Racconti fantastici dal continente africano (Not Ediz.)
Arooj Aftab, Vijay Iyer, Shahzad Ismaily - Love In Exile
Animali Selvatici (Christian Mungiu)
Coma (Bertrand Bonello)
Jo Ann Beard - Le Forze della Terra (Orville Press)
Gabriels - Angels & Queens
Il Grande Carro (Philippe Garrell) 
The Replacements - Tim (Let It Bleed Edition)
Inu-Oh (Yuasa Maasaki)
Billions (HBO-season finale/all)
Daniel Bachman - When The Roses Come Again
Killers of The Flower Moon (Martin Scorsese)
Rob Mazurek & Exploding Star Orchestra - Lighting Dreamers
John Cage - Un Anno, a partire da Lunedi (Shake Ed.)
Corinne Bailey Rae - Black Rainbow
Anatomia di una caduta (Justine Triet)
Godzilla Minus One (Takashi Yamazaki)
Sergio Luzzatto - Dolore e Furore. Una storia delle Brigate Rosse (Einaudi Storia)
Trenque Lauquen (Laura Citarella)
Il Male Non Esiste (Hamaguchi Ryusuke)
Irreversible Entanglements - Protect your light
May December (Todd Haynes)
Ferrari (Michael Mann)
Maestro (Bradley Cooper)
Paul Auster - Baumgartner (Einaudi)
Dario Ferrari - La ricreazione è finita (Sellerio)
Foglie Al Vento (Aki Kaurismki)
(of the) Pops
The Last Of Us (HBO-st.1)
Fleishman is in trouble (miniserie Hulu)
Kelela - Raven
Daisy Jones & The Six (miniserie Prime Video)
Guardiani della Galassia Vol. 3 (James Gunn)
La Generazione Perduta (Marco Turco)
Lucio Corsi - La gente che sogna
China Mieville - A Jake, con amore (Moscabianca Ediz.)
Indiana Jones e il Quadrante del Destino (James Mangold)
Il Mondo dietro di te (Sam Esmail)
Il Cielo Brucia (Christian Petzold)
Cormac McCarthy - Il Passeggero / Stella Maris (Einaudi)