Cosa resta alla fine di tutto? Dopo una vacanza al massimo,
alcol, bagni di notte, camminate all’alba, incontri e passioni fugaci c’è
un’immagine di Tara nello specchio di un negozio di cosmetici all’aeroporto. Il
suo volto sembra sdoppiarsi. Da una parte c’è la ragazza scatenata che mangia
patatine, urla e cerca il divertimento più sfrenato. Dall’altra ci sono i suoi
pensieri, anche il volontario isolamento iniziato proprio nella scena con
tracce thriller in cui le amiche non l’hanno ritrovata in stanza la mattina ma
c’era solo il suo telefono.
Tara parte con Skye ed Em per Malia, un villaggio in Grecia
che è una delle mete del divertimento. Festeggiano la fine del liceo e,
arrivate sul posto, vogliono una vacanza da sballo. Riescono a farsi dare una
stanza con vista piscina e conoscono i ragazzi del balcone di fronte. Badger è
subito attratto ma è con Puddy che ha un’avventura fugace
How to Have Sex, opera prima di
Molly Manning Waker che ha vinto il Prix Un certain regard al 76° Festival di
Cannes, sembra avere inizialmente uno sguardo asettico e poi gradualmente
scende sempre più in profondità nelle viscere di una storia che mostra il vuoto
dopo l’estasi, la noia dopo il desiderio, la voglia istintiva improvvisa di
trovarsi in un altro posto. Il tempo è come dilatato. Eterno ma anche
velocissimo. Non c’è spazio per una confidenza se non passeggera, per un
abbraccio se non respinto come quello sul letto di Paddy nei confronti di Tara,
resa così vera e autentica dall’interpretazione di Mia McKenna-Bruce, che si
era già fatta conoscere con le serie Get Even e Vampire Academy. La macchina a
mano cerca di intrappolare tutti quei momenti: le reazioni dopo i risultati
della scuola, gli sguardi, l’apatia del giorno con l’euforia della notte.
Cattura i colori come il cinema di Korine (in particolare Spring Breakers) ma
sembra accumulare anche le istantanee di un ricordo come Aftersun. Per questo,
nella sua straripante fisicità, travolge e inebria, mostra con un istinto
animalesco la ricerca del consenso e regala dei ritratti della giovinezza di
cui ci si ricorderà a lungo. How to Have Sex è un film ispiratissimo, che sa
filmare con incredibile spontaneità ogni pensiero, anche quelli mentre il divertimento
è al massimo. Senza bisogno di dialoghi verbosi (non ce ne sta neanche uno) e
di voci-off. Dei protagonisti ci ricordiamo soprattutto della loro voce. E dei
loro volti. Ogni inquadratura, come quella di Tara che cammina all’alba nella
strada deserta, fa prima di tutto parte di un personale monologo interiore
prima di diventare traccia di una memoria (forse) da condividere.
Pubblicato su sentieriselvaggi.it, 18 Ottobre 2023 di Simone Emiliani
How To Have Sex parte con un ritmo e un piglio irrefrenabili, recupera tutti gli stereotipi delle storie di formazione che raccontano lo sfrenato divertimento adolescenziale e li (ri)scopre senza preoccuparsi di trovare una chiave particolarmente nuova. D’altronde lo spirito goliardico su cui l’esordiente Walker vuole giocare è stato ampiamente perseguito da precedenti illustri – Porky’s e American Pie su tutti, qui con maggiore realismo e una componente demenziale meno spinta -, ma il risultato è ugualmente discreto e la prospettiva delle tre ragazze viene fotografata con piacevole leggerezza.
La seconda parte del film prende invece una svolta
drammatica inaspettata e l’ingannevole superficialità della presentazione
assume un sapore del tutto differente. A venir fuori è l’animo sensibile di
Tara – ma anche la bravura della giovanissima attrice che la interpreta,
spontanea e profonda soprattutto quando agisce di movimenti e sguardi – e la
sua inevitabile frangibilità, che non vuole essere soltanto una prerogativa
femminile; il personaggio di Badger si presenta in effetti speculare a quello
della protagonista, anche lui imprigionato in un ruolo e limitato dalla paura
di (re)agire.
Walker è intelligente nel rappresentare l’esplosione
giovanile di scoperta e labirintica perdizione in tutta la sua verità,
tratteggiando le sfumature di un periodo di crescita estremamente delicato con
grande trasporto emotivo. Gli adolescenti di questo film vivono infatti
soltanto apparentemente nella dimensione dello svago e della spensieratezza, ma
in realtà sono dilaniati dall’ansia dell’autodeterminazione e dalle pressioni
dell’appuntamento con il futuro. Le amicizie di cui si circondano possono
rivelarsi false o semplicemente non abbastanza profonde, poiché si tratta di
un’età particolare nella quale viene meno la forza magnetica del gruppo – che
smette di essere una calamita diventando calamità – e comincia uno spiazzante
deserto di solitudine invaso dall’odore stringente di un’intollerabile e
soffocante autonomia di scelta.
L’esordio alla regia della giovane Walker è promettente e
spontaneo, permeato di urgenza creativa e intraprendenza autoriale. Ci troviamo
di fronte a una commedia drammatica senza pretese che si nutre dell’intensità
emotiva adolescenziale e dopo averla cavalcata si diverte a ribaltarne gli
stereotipi e gli apparenti valori, in un crescendo che parte in direzione
dell’eccesso ma poi avanza per sottrazione ed implode nel vortice
dell’interiorità.
Pubblicato su
ecodelcinema.com, di Corrado Monina 23
Ottobre 2023
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